Può sembrare tedioso riparlare spesso dello stesso argomento e cioè del prima e del dopo sull’inconscio di questa nostra vita! Dovremmo chiarirci su “An Deus sit” (se ci fosse un Dio) per arrivare a “Quid Deus sit” (Che cosa è Dio), coronando con “Id quo maius cogitari nequit” (Ciò che è più grande di noi non può essere pensato). Ma cosa è vero alla fine di questa nostra vita, che se ne va? E nessuno sa dove? Troviamo scritto già nell’Iliade una definizione arguta anche se avvilente, che afferma così: ”Tale e quale la stirpe delle foglie è la stirpe degli uomini”. Con la fine dell’inverno si risveglia la natura e una piccola gemma dona la vita alla foglia, che sembra tenacemente attaccata al ramo della sua vita. Ma l’arrivo dell’autunno ne rivela tutta la sua caducità e la fragile foglia lascerà il suo ramo per dissolversi nella polvere della terra! Anche il sommo poeta Dante così scrive: “Come l’autunno si levan le foglie l’una appresso dell’altra, finché il ramo rende alla terra tutte le sue spoglie”. Il nostro cogitare cosa può alfine dedurre? Che, malgrado i grandi progressi sia in grado di raggiungere l’essere umano, il destino della sua vita non muta la sua natura effimera (un coup de des!), e l’oblio raccoglierà tutto il sudario del passato, ponendolo nel suo canestro per restituirlo all’eternità.
26 ottobre 2016