Apro una parentesi che, spero, vi farà sorridere e che mi darà il grande piacere di ricordare un amico. Quando andavo sulle piazze, per sagre o spettacoli all’aperto, con me c’era sempre l’amico “Cisirì lu Toscanu”, colorito e conosciutissimo personaggio maceratese. Era così chiamato perché il padre veniva da quella regione e si era trasferito a Macerata per fare il piccolo commerciante. Il mio amico aveva iniziato il lavoro facendo il ballerino nell’avanspettacolo. Poi, seguita la via del padre, si era messo a fare il commerciante. Era un venditore formidabile e, spesso, i rappresentanti di macchine per fare le maglie lo facevano andare con loro, perché erano sicuri che grazie alla sua simpatia a alla sua chiacchiera avrebbero condotto in porto l’affare. Lui ci andava volentieri perché, intanto, assaggiava del vino genuino e poi, ad affare concluso, avrebbe preso una provvigione. La sua bancarella era piena di calzini, fazzoletti, canottiere, mutande da uomo e mutandine da donna. Di solito, durante la serata, gli facevo un paio di spot pubblicitari e lui, in una giornata, era capace di vendere 500mila lire di merce. poi tornava a casa, andava dal grossista e acquistava 250mila lire della stessa merce e la riponeva nel magazzino sotto casa. Si metteva in tasca la differenza e finché non fosse rimasto con in tasca 20mila lire, che gli sarebbero servite per la benzina, non tornava a lavorare. Gli amici lo stimolavano a darsi da fare, vista la sua bravura, ma la sua risposta era: “Si lavora per fare soldi, io i soldi ce li ho e allora perché mi volete far faticare?” Le sue trovate per vendere di più erano tante e tutte di gran fantasia. La più eclatante era quella di mettere in terra, davanti alla bancarella, uno specchio lungo un metro e mezzo e largo trenta centimetri. Le donne a quei tempi portavano tutte la gonna e per raggiungere il banco vendita dovevano scavalcare lo specchio: lui poteva così vedere che mutande indossavano. Sono passati tanti anni ma ricordo ancora le facce delle signore e signorine alle quali Cisirì lu Toscanu diceva che tipo di mutandine avevano indosso, per poi consiglia-re loro il modello più adatto a valorizzarne la personalità. Dapprima diventavano tutte rosse in volto, poi iniziavano a chiedere come facesse lui a sapere che mutande portavano, quindi, prese dalla sua parlantina, passavano ad acquistare. Quando vendeva i fazzoletti, da ottobre a marzo, ne metteva due grossi mucchi: uno alla sua destra e un altro alla sua sinistra, poi iniziava a contare prendendone uno da ogni parte, arrivato a tre infilava un dito tra il terzo e il sopravveniente quarto fino ad arrivare a dieci. A questo punto gridava: “Adesso ne metto tre in omaggio!” e mentre li contava distraeva le persone per poi, con un gesto da abile prestigiatore, lasciar cadere sotto il tavolo i primi tre tenuti separati dal mucchio con un dito. Passava quindi a incartare il mucchio dei fazzoletti (10 + 3 – 3 = 10, con l’omaggio andato a farsi benedire) legando il pacchetto in modo che non fosse facile slegarlo sul momento. Gli acquirenti, contenti dell’affare fatto, ritornavano a casa sicuri di aver avuto tredici fazzoletti salvo trovarne, invece, dieci. Alcuni di noi, suoi amici, gli facevano da spalla e quando iniziava la vendita cominciavano a dire, ad alta voce: “È un affare, a queste condizioni ne prendo tre pacchi!” e lui riscuoteva e consegnava come non li conoscesse. A fine serata gli restituivano i prodotti e riprendevano indietro i soldi. Vendeva merce discreta anche se non di prima qualità. Una volta stavamo ad Atessa, in provincia di Chieti, dove la sera avrei dovuto presentare uno spettacolo con Orietta Berti, e faceva molto caldo. Un venticello improvviso e fresco dette la sensazione di freddo e un muratore, che stava lavorando su un’armatura, tutto sudato, scese per comperare da Cisirì una canottiera. Indossatala, ritornò al lavoro. Dopo una oretta scese di nuovo dall’armatura facendo vedere a Cisirì che la scollatura della canottiera, inumidita dal sudore, gli era arrivata sulla pancia. Lui prontamente rispose: “Questo è un modello americano, studiato per i giocatori di pallacanestro, perché quando sudano la canottiera si allunga per facilitare la traspirazione e l’asciugarsi del sudore. Quando il corpo sarà asciutto la canottiera si ritirerà tornando normale”. Il muratore andò via soddisfatto e altri corsero ad acquistare la canottiera “tecnologica”. Incontrandolo giorni dopo a Macerata gli chiesi della famosa canottiera anericana e lui: “È il modello meno caro che ho trovato e la moglie del muratore, a furia di tagliare e accorciare le bretelle per ridurle a una dimensione normale, con i ritagli ci potrà fare dei gomitoli per farci giocare a palla i figli!” Questo era “Cisirì lu Toscanu”: un grande venditore e un uomo di immensa fantasia.
02 settembre 2016