Terremoti e pestilenze

Ho scritto più volte della “francesizzazione” e della “germanizzazione” dei toponimi delle varie cronache antiche sulle cui trascrizioni si è scritta nell’ottocento la telenovela dei Franchi germanici. Generalmente è molto difficile trovare plateali farloccature (e qualcuna l’ho trovata, cfr. Francos la storia da riscrive-re) ma questa di cui vi dirò, mi è talmente piaciuta che ve la commento. In un testo a stampa intitolato Breve trattato DEL TERREMOTO- composto dal signor Giò. Battista Petrucci e dedicato all’illustrissimo e reverendissimo Monsign Brancacci Governator di Spoleto”.. in Spoleto nell’anno MDC XXXXVI con licenza de superiori  (Google Books) a pag 39 si narrano gli effetti di un terremoto a Spoleto ai tempi di una visita di Carlomagno, dove si può leggere che il soggiorno del monarca venne “turbati da repentino e spaventoso terremoto, che alli 6 di Maggio alle 2 hore di notte si fè inaspettatamente sentire non solo in Spoleto, ma anco per tutta Italia.Gli effetti di questo terremoto furono prodigiosissimi, poiché non solo atterrò Cittadi, trabalzò monti ….ma di più in Roma dell’universo Metropoli, gettò a terra tutto il tetto con i travi della chiesa di San Paolo: in Francia il superbissimo palagio di Carlomagno in Aquisgrana; et in Spoleto finalmente oltre molte case e Palagi le più illusti torri… Il peggio fu che immediatamente doppo il terremoto seguì una peste così velenosa, che pochi rimasero per poter raccontare…”. La descrizione è estremamente coerente riguardo ai luoghi anche se è un poco esagerata sugli effetti. Alcune parti di questo testo mi hanno ricordato un brano degli “annali di Eginardo” o meglio una delle sue trascrizioni manoscritte, o forse l’unica, conservata agli Archivi Vaticani (vi accede Andrea Bacci a fine cinquecento che cita alcuni  aneddoti della “vita Caroli” nel suo “De Thermis”). La corrispondenza del luogo, Spoleto e delle date, mi ha spinto a rivedere meglio questa fonte dalla quale è ricavata la notizia in questione. Eginardo è il sovrintendente ai lavori del Carlone imperatore, cronista e biografo del Magno. La sua storia è pubblicata in Francia nel 1824 a uso scolastico col titolo: “Annales d’Eginhard; Vie de Charlemagne. Des faits et gestes de Charlemagne/ par un moine de San Gal. [Nokter n.d.a] . Vie de Louis le Débonnaire / par Thégan” Auteur: Eginhard (0770?-0840) Editeur J.L. Brière (Paris) 1824 Source: Biblioteque nationale de France, 8-L45-9 (3). Date de mise en ligne (sul web) 15/10/2007. Il testo dovrebbe essere l’esatta traduzione in Francese del-l’originale di Eginardo, a pag 50 si legge:

“…et [l’imperatore] avec son fils Pepin il partit de Rome lui-même, après Pâques, le 24 avril et vint a Spolète. Lorsqu’il y fut, la terre troublèe a seconde heure de la nuit, par un très grand mouvement qui secoua fortement toute l’Italie: ce tremblement fit tomber une grande partie du toit de la basilique de Saint Pierre,(*) avec ses poutres; et dans plusieurs lieux les montagnes et les villes s’écroulèrent. Dans la même annèe plusieurs endroits tremblèrent en Gaule et en Germanie auprès le fleuve du Rhin, et la douceur de l’hiver de cette annèe causa ensuite une peste.”

(*) San Pietro è più impressionante di San Paolo? Ecco di seguito la nostra traduzione in italiano: “E (l’imperatore) con suo figlio Pipino partì lui stesso da Roma, passata Pasqua, il 24 aprile arrivò a Spoleto. Appena fu qui, la terra tremò alla seconda ora della notte, per un molto grande movimento che scosse fortemente tutta l’Italia: questo tremore fece cadere una gran parte del tetto della basilica di San Pietro con le sue travi; e in più luoghi le montagne e i paesi subirono crolli. Nello stesso anno più posti tremarono in Gallia e in Germania presso il fiume Reno, e la mitezza dell’inverno di quell’anno causò in seguito una pestilenza”. Anche se la farloccatura è evidente e non abbisogna di commenti, li faccio per ricordare la voluta alterazione, non accidentale perché verosimile, della narrazione che nel testo seicentesco è molto più attendibile (per vicinanza fra i luoghi descritti) che non nell’improbabile traduzione francese: la vera storia dei “tremblement de terre”, i terremoti, non ha mai registrato scosse telluriche che avvengano a comando del farloccatore in pianure a basso rischio tettonico in “Gallia” e in “Germania” presso il fiume Reno (per includerci Aquisgrana Aachen) il tutto nello stesso anno di un sisma a Spoleto in Italia. Ovviamente non potendo prodursi pestilenze a ripetizione dopo i terremoti a ripetizione, si attribuisce alla “mitezza” dell’inverno la causa scatenante. Nel farlocco un poco ingenuo o troppo nazionalistico, si usa il termine Gallia anziché Francia (che nella citazione del “Breve trattato dei terremoti” comprende anche Aquisgrana), perché se i due toponimi sono messi insieme sono conflittuali con la “Francia in età Carolingia” dei farloccatori, in quanto quest’ultima  dovrebbe essere la terra di origine dei Franchi che si vuole sia la Germania. Bad Aachen (Aquis villa negli annali), che si vuole sia Aquisgrana, non può pertanto essere in “Francia” perché è in Renania, l’antica Brabanzia. Quindi per tagliare la testa al toro si scrive Gallia per conservare “lo spirito” del testo di Eginardo e coinvolgere comunque la Francia attuale nell’evento. Il vocabolo Francia negli annali come pubblicati, frutto di un taglia e incolla ottocentesco compare più volte, ma solo quando è da solo ovvero privo di riferimenti geografici ed è perciò localizzabile a piacere. Mi direte: perché gli storiografi transalpini scrissero queste cose ben sapendo che erano farlocche? Suppongo di saperlo, ma chiedetelo agli storici di Bismarck e ai fautori ottocenteschi del “grandeur” della Francia della restaurazione. Secondo me, a loro non importava un fico della verità storica, dovevano solo produrre giustificazioni nazional-romantiche dettate dalla “ragion di stato”: dopotutto si viveva in un mondo senza possibilità di confronto, senza internet e “scan” di testi antichi e rari consultabili in rete.

p 21 medardo arduino ph cinzia zanconi

23 agosto 2016

 

 

 

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