Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole (Genesi 11-19). Poi l’Iddio confuse le lingue e sparpagliò gli uomini sulla terra. Da quel lontano momento dopo aver inventato la scrittura l’uomo inventò i testi bilingue, perché ci si potesse capire anche se di madrelingue differenti. Questi testi sono stati di grande aiuto nella decifrazione di alcune lingue morte, come a esempio la “stele di Rosetta” in Egizio e Greco e le lastre di Pyrgi in Etrusco e Fenicio. Un meno famoso ma altrettanto importante testo bilingue è quello altomedioevale noto come “il giuramento di Strasburgo”. Perché accostare la torre di Babele e Strasburgo? Semplice: è un altro caso di confusione delle lingue esattamente uguale al biblico caso di Babele. Mi spiego meglio: siamo nell’842, Carlone imperatore e il suo figlio Ludovico il Pio, unico sopravvissuto ed erede al trono, sono morti. I tre figli (figliastri?) del Ludovico, dopo una ventina d’anni di guerra civile, si preparano allo scontro finale. Sono Lotario, Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo. La storiografia dice che sono tutti e tre franchi di Germania, di etnia germanica come tutti i Franchi, parlano un dialetto germanico e sembra che vivano in Germania, sono nati da quelle parti, ma stranamente uno di loro si differenzia dai fratelli perché è soprannominato “il Germanico”. Per meglio litigare la spartizione dell’impero, Carlo il Calvo e Ludovico Ludwig (è germanico) si alleano e a Strasburgo fanno un solenne giuramento di reciproco aiuto. Qui la torre di Babele: lo fanno in due lingue sostanzialmente diverse fra loro e anche diverse dalla lingua scelta dai franchi germanofoni come loro lingua ufficiale cioè il latino (lo dicono gli storici). Dice Nitardo genero del Carlone (di origine aretina secondo me) che il giuramento fu bilingue perché le truppe dell’uno e quelle dell’altro, di differenti madrelingue, lo potessero capire. Capisco che abbiano in questo modo fronteggiato una necessità, ma non ne capisco il perché se stiamo parlando dei Franchi: chi sono questi Franchi allora se parlano lingue diverse? La risposta sembra semplice: sono eserciti che provengono da diverse parti dell’Europa e quindi parlano i loro dialetti. Sappiamo bene che i dialetti hanno un bacino decisamente regionale e talvolta a meno di cento chilometri di distanza due dialetti sono incomprensibili a parlanti dell’uno e dell’altro, quindi o gli eserciti sono tutti dello stesso piccolo areale, oppure lo sforzo di parlare in dialetto serve a ben poco. E se si trattasse invece di una sostanziale differenza etnica fra gli eserciti dell’uno e quelli dell’altro, come la mettiamo con la “franchità”? Non c’è alcuna fonte storica che parli di truppe mercenarie che non erano franchi, assoldate non so bene dove, perché solo questo potrebbe spiegare l’arcano, ma solo in parte: se sono truppe assoldate, se ne fregano dei giuramenti, basta la paga. Penso invece che chi contava in questi piccoli eserciti dell’alto medioevo erano i veri combattenti di professione cioè i “domini loci” ovvero i “fideles”, schierati per scelta con l’uno o con l’altro; pochi ma buoni vista l’alta improbabilità di pensare a eserciti di popolo. È verosimile che a questi combattenti si rivolgano (senza altoparlante) i contraenti il giuramento. Come si vede nella parte del testo qui sotto, le lingue correntemente parlate da queste persone sono radicalmente differenti fra loro, sono la prima una lingua di radice italica (come il latino) e la seconda una lingua di origine germanica, ecco una parte dei testi:
(Antico francese): “Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun saluament, d’ist di in auant, in quant Deus sauir et podir me dunat, si saluarai eo cist meon fradre Karlo, et in adiudha et in cadhuna cosa si cum om per dreit son fradra saluar dist, in o quid il mi altresi fazet. Et ab Ludher nul plaid nunquam prindrai qui meon uol cist meon fradre Karle in damno sit.”
(Alto tedesco antico): “In Godes minna ind in thes christiānes folches ind unsēr bēdhero gehaltnissī, fon thesemo dage frammordes, sō fram sō mir Got gewizci indi mahd furgibit, sō haldih thesan mīnan bruodher, sōso man mit rehtu sīnan bruodher scal, in thiu thaz er mig sō sama duo, indi mit Ludheren in nohheiniu thing ne gegango, the mīnan willon imo ce scadhen werdhēn.”
Traduzione: “Per l’amore di Dio e per il popolo cristiano e per la nostra comune salvezza, da qui in avanti, in quanto Dio mi concede sapere e potere, così aiuterò io questo mio fratello Carlo e in aiuto e in qualunque cosa, così come è giusto, per diritto, che si aiuti il proprio fratello, a patto ch’egli faccia altrettanto nei miei confronti, e con Lotario non prenderò mai alcun accordo che, per mia volontà, rechi danno a questo mio fratello Carlo”.
Nithardo,Historiarum libri quattuor, libro III, cap. 5, in G. Prampolini,Letteratura universale. Antologia di testi, vol. II, Utet, Torino 1979. (Testro originale a Parigi, Bibliothèque nationale de France, lat. 9768).
Dalla lettura di questi alcune considerazioni esclusivamente sull’uso delle lingue attraverso la storia. La prima considerazione è che quello che è definito in genere l’antico francese era, da chi lo parlava, indicato come “il romano”, perciò una fazione ben definita dei franchi parla romano, l’altra e guarda caso quella fedele a Ludwig “il Germanico” parla tedesco. Quindi il tedesco esiste ed è anche una lingua scrivibile in quanto Nitardo la trascrive, ma non è mai stata usata dai franchi (che storia vuole) germanici che invece le preferivano come lingua il latino. Però dal momento nel quale si sfalda l’impero carolingio il germanico continuerà a essere parlato e scritto in Germania mentre in Italia e attuale Francia si scrivono i “volgari” e il latino rimane nei contatti con gli esponenti del clero e la chiesa di Roma. C’è da chiedersi perché questo improvviso cambiamento visto che non è possibile che nessuno, proprio nessuno nei paesi germanici capisse il latino che l’etnia germanica egemone aveva assunto come lingua propria da almeno tre secoli? Se nessuno la capisce una lingua non serve a niente, eppure fino a quel momento esiste solo il latino come lingua scritta, come oggi l’Inglese è la lingua d’Europa e tutti un poco lo mastichiamo, ma per necessità. Facciamo un piccolo paragone proprio con l’Inglese e dove è stato esportato: nell’America del nord è stato imposto a tutti gli immigrati di diverse madrelingue dal potere egemone delle etnie anglofone e lo stesso è stato fatto in India. Nell’America del nord, questa supremazia linguistica, avendo in pratica annientato le culture aborigene, è rimasta insieme con i “colonizzatori”, in India invece da quando è indipendente, l’inglese non è più lingua degli indiani, l’indi e il tamil sono ritornati e Bombay è Mumbai. Allora perché solo metà di tutti quei Franchi germanofoni, guarda caso le sole truppe di Ludwig “il Germanico” capisce il tedesco antico? Sappiamo che dopo il sostanziale pareggio con il fratello Lotario, Ludwig è diventato imperatore di Germania e Carlo il Calvo è diventato Re dei Franchi occidentali, quelli che con lui sono andati all’Île de France continuando a parlare il loro “romano” e lì hanno mantenuto, insieme con il potere, lingua e tradizioni culturali della loro terra d’origine, la Francia Salica Picena. Solo in questa situazione è accettabile la spiegazione del perché i Franchi parlassero latino (loro lingua madre) e perché nell’attuale Francia si parli una lingua romanza nata in Italia. La spiegazione offerta da alcuni storiografi e generalmente accettata perché poco investigata è “l’invenzione” della cultura Gallo Romana, quella portata in Gallia nell’evo antico e che avrebbe prevalso sulle lingue germaniche dei conquistatori medievali. Perché questo fenomeno unico nella storia dello scibile umano si è prodotto solo nella metà occidentale dell’Europa transalpina e non anche nella egualmente romanizzata Gallia Germanica? La spiegazione a mio avviso è semplice: i franchi, che si sono stabilizzati in Gallia con Carlo il Calvo e successivamente, hanno continuato a essere il potere egemone con i Capetingi (originari di Toscana) e hanno mantenuto viva la loro lingua italica, quella parlata da sempre nella Francia Salica (la Francia Romana secondo Liutprando) e conosciuta da tutti come “il romano”. Amen.
Medardo Arduino
21 giugno 2016