Spassose circostanze al di fuori del palcoscenico

La finestra galeotta

A Città di Castello recitavamo “Sacco e Vanzetti”. Come da abitudine nel pomeriggio aiutavo Libero, il macchinista, a montare le scene. Lo facevo perché mi piaceva ma anche perché nel G.A.D. tutti, oltre che recitare, dovevano darsi da fare nell’allestimento dello spettacolo. Verso la metà del pomeriggio, con Libero decidiamo di prenderci una breve pausa per fumarci una sigaretta quindi, per non inquinare l’aria del teatro, ci avviciniamo a una finestra aperta. Fumando buttiamo uno sguardo fuori… dalla parte opposta della via, a circa cinque metri di distanza, proprio all’altezza della nostra finestra, ce ne stava un’altra spalancata e all’interno della stanza, che era un bagno, una signora sui trent’anni davvero bella stava facendo la doccia! Era in piedi, al centro della vasca. Lei non ci ha visti e ha continuato nelle sue abluzioni per alcuni minuti. Noi quel pomeriggio il nostro spettacolo ce lo siamo goduto. Sì, ma fuori scena!

 

L’iniezione di Libero

Il macchinista Libero era un personaggio veramente straordinario, di tale bravura nel suo lavoro che le compagnie di giro, di prosa e dello spettacolo leggero, quando veni-vano a Macerata lo chiamavano per affidargli la costruzione delle scene, che a quei tempi venivano realizzate con grandi fogli di carta, o con tela, montati su telai di legno. Lui in questo era un vero mago. Aveva però un’abitudine… alle ore 17:45, ogni giorno, cascasse il mondo, sospendeva il lavoro perché doveva andare, e lo diceva sorridendo, a farsi una iniezione! La sua “infermiera personale” era il simpatico oste dell’osteria “Il Giardinetto” che, non appena Libero arrivava, gli serviva un bicchiere di vino rosso. Lui se lo sorseggiava con gusto mentre sfogliava il giornale. Poi, finita la “cura”, se ne tornava tranquillo al lavoro. Era dunque un appuntamento assolutamente inderogabile.

 

Un figlio di nome Lontano

Il nostro amico Libero aveva un fratello, gestore di un bar, che si chiamava… Lontano! Un giorno, scherzando, gli chiedo: “Va bene per te Libero ma… tuo padre, a tuo fratello, come ha fatto a chiamarlo Lontano!?” Lui, lisciandosi i baffi, rispose:  “Vedi… papà era un anarchico, socialista e, durante il periodo del fascio, fu costretto a emigrare in America per avere salva la pelle. In quel paese lui viveva sì libero ma anche lontano dalla sua amata Italia. Quando siamo nati noi gli è sembrata la cosa più logica metterci il nome di Libero e Lontano!”

 

Un sosia nel nome

Qualche problema con il nome l’ho avuto anche io, pur se in maniera diversa. Mio padre non voleva che rubassi tempo allo studio per dedicarmi allo spettacolo. Quando sui manifesti leggeva scritto “Cesare Angeletti” si arrabbiava e ne pagavo le conseguenze. A quei tempi non ero ancora così noto da meritare di vedere il mio nome scritto sui manifesti e sulle locandine… com’è che allora c’era? Il fatto è che nel mondo dello spettacolo locale esisteva un altro Cesare Angeletti! Già. L’altro era il bravissimo scenografo di Tolentino che con il dottor Mari aveva creato il “Salone dell’umorismo” e che era lo scenografo del G.A.D. Al mio omonimo feci presente la situazione. Mi chiese di invitarlo a pranzo a casa mia cosa che, naturalmente, feci. Suonò alla porta e quando mio padre gli aprì gli si buttò le braccia al collo abbracciandolo, baciandolo e dicendo: “Io sono tuo figlio! Sono Cesare Angeletti!” il tutto ridendo e scherzando come era suo solito. Poi, a tavola, chiarito l’equivoco, sono diventati amici, grazie anche all’ottima cucina di mamma e al vino genuino che facevamo, con papà, nella cantina dove oggi c’è il Tartaruga. Da quel giorno sui manifesti fece scrivere “Cesare Angeletti da Tolentino” e io potevo continuare a fare spettacolo senza incorrere nelle ire di mio padre. Dopo alcuni anni ho saputo, da un amico, che papà veniva sempre ai miei spettacoli, pagava il biglietto per restare in anonimo, e si metteva in fondo alla sala affinché non lo vedessi. Incontrando persone amiche le pregava di non dirmi niente. Quando l’ho saputo mi sono commosso.

15 giugno 2016

 

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