“Giulio Cesare” e il gonnellino malizioso
Angelo Perugini, alla cui memoria noi del Consiglio direttivo del G.A.D. Calabresi abbiamo intitolato una rassegna teatrale che ha ancora, a distanza di anni, un gran successo, tentò all’inizio degli anni ‘60 un eccezionale esperimento teatrale. Come nota a margine devo dire che, purtroppo, dei cinque componenti il Consiglio direttivo del Gad che ha voluto la “Rassegna teatrale Angelo Perugini” sono rimasto l’unico ancora in vita. Allora… lo spettacolo era “Giulio Cesare”, con 52 personaggi, 12 cambi di scena, grandi effetti luci e straordinari effetti sonori. Durante le prove quasi mai tutti gli attori riuscivano a essere presenti e Angelo, incantandoci tutti, con la sua immensa bravura sostituiva gli assenti, sia che fossero uomini o donne. Si arriva alla prima. Tutto fila liscio oltre ogni più rosea aspettativa, almeno fino a quando Cesare fa uccidere alcuni suoi ufficiali. Uno di questi, Betto, cade a terra colpito da uno dei sicari di Cesare, ha i piedi rivolti al pubblico ma la daga, che aveva al fianco, s’impiglia ne suo gonnellino da ufficiale romano e… lo solleva. Dopo lui ci ha detto: “Ho sentito freddo e ho avuto la sensazione che si vedesse tutto!” In quel tragico momento ricco di pathos si vide la mano del morto che, con grazia, abbassa il gonnellino coprendo, per quanto possibile, le gambe. In teatro scoppiò una risata generale mentre Angelo, fuori scena, scoppiò in un pianto dirotto! Comunque la commedia era talmente ben realizzata, grazie al regista, che alla fine applausi oceanici accompagnarono la calata del sipario.
“Giulio Cesare” e la buca del suggeritore
Una delle repliche del “Giulio Cesare” ebbe un altro epi-sodio che, nel momento più drammatico, scatenò l’ilarità del pubblico. Come sempre accadeva quando recitava il Gad, il teatro Lauro Rossi era completamente esaurito. Subito dopo la morte, violenta, di Cesare l’attore protagonista, credo fosse il grande Ugo Giannangeli, pronuncia il discorso in difesa dell’ucciso. Nella foga del parlare, venuto al proscenio, per rendere più coinvolgente la scena si mette seduto… sulla copertura della buca del suggeritore. La immedesimazione nel personaggio è totale, Ugo è bravissimo e il pubblico è letteralmente inchiodato sulle poltrone. Ma la cupola della buca del suggeritore è fatta di compensato piegato ad arco… inizia a cedere e Cesare Merli (mingherlino e storico suggeritore del Gad) ha paura di finire schiacciato. Si sporge dalla buca urlando: “Ahó! Ma che fai? Me vóli ‘mmazzà’!?” Facile immaginare quello che è accaduto in scena e fuori scena: ad Angelo Perugini si poteva dare l’olio santo. Come sempre alla fine gli applausi, scroscianti e prolungati, facevano dimenticare tutto e la rappresentazione diventava un vero trionfo sia per gli attori che per il regista.
“Dio salvi la Scozia” e la frase sospesa
Anche a me sono accaduti un paio di fatti degni di nota. “Dio salvi la Scozia” era la commedia in cui facevo la parte di un uomo che, licenziato, resta senza lavoro e ha, come unica alternativa per non morire di fame, quella di far fare alle due figlie le prostitute. Svolgevo il lavoro di falegname e, a un certo punto dello spettacolo, mentre fingevo di riparare una seggiola avevo uno sfogo violentissimo per via della situazione in cui mi trovavo, per dare forza alla parola con le mani spaccavo la sedia (opportunamente preparata dallo scenografo) e ne scagliavo con violenza i pezzi a terra. Poi continuavo con la battuta. Una sera, in questo punto ho avuto un vuoto di memoria rimanendo bloccato… fortunatamente Lucio, che era in scena con me, mi si è avvicinato suggerendomi la battuta. L’ho detta ma, alla fine, ero disperato, pensavo di aver rovinato la scena. Chiuso in camerino non avevo animo di vedere Ugo Giannangeli che era il regista. Poi fummo chiamati tutti fuori perché, come al solito, gli appassionati di teatro erano venuti a commentare il lavoro con noi. Ero ancora disperato, anche se Ugo nulla mi aveva detto ma non era necessario che mi dicesse qualcosa… Uno dei maggiori esperti di teatro, del quale ascoltavamo le critiche per migliorare le nostre prestazioni, mi si è avvicinato dicendomi: “Sei stato bravo e con quella pausa che hai fatto al centro della tua lamentazione ci hai attaccato tutti alla poltrona!” Ugo Giannangeli, che stava poco lontano e aveva sentito tutto, mi guardò e unì gli indici coi pollici a significare: che fortuna sfacciata che hai avuto! Conoscendolo bene credo che abbia voluto dire quello, in sostanza, ma con ben altra espressione, decisamente più colorita! Comunque… nelle repliche, poi, ho sempre fatto la pausa!
continua