Antonio Cesari (1760-1828) insigne scrittore e linguista teorico del Purismo, il quattro dicembre 1825 scrive una lettera al sacerdote Francesco Villardi che si trovava presso i conventuali di Montolmo (attuale scuola media).Il Villardi (1781-1833) anche lui letterato e animo inquieto, girovagherà per i conventi dello Stato Pontificio per poi, stanco della povertà francescana che in questi si professava, trasferirsi a Padova. Per futili motivi tradirà l’amicizia con il Cesari che tanto si era prodigato come suo maestro e protettore. Montolmo ricorda un tradimento molto più efferato e dalle conseguenze nefaste che come in un carma deve ancora scontare e si trascina nei secoli, quello del 1433 che permise allo Sforza di saccheggiare ferocemente il comune con morti e violenze di ogni tipo. Come scrive Antonio di Niccolò nelle Cronache della città di Fermo, per la lotta tra i guelfi della famiglia Ludovici e i ghibellini dei Vanni, quest’ultimi per vendicarsi della uccisione di tre famigliari, si accordarono con lo Sforza affinché entrasse con il tradimento. I Vanni prima di diventare ghibellini erano stati una importante famiglia guelfa: Buongiovanni di Vanni nell’agosto 1425 porta il vessillo dell’armata pontificia che entra a Fermo per scacciare i Migliorati che si erano rinchiusi nel Girfalco. La cosa ancor più grottesca è che nel 1443 alla cacciata dello Sforza, un certo ser Arcangelo Vanni paga i tributi del comune ai capitani pontifici Tristano de Perale e Senso Ranieri, facendo pensare che prevedendo la vittoria papalina, i Vanni avessero cambiato ulteriormente compagine. Di personaggi singolari molti furono a passare. L’insorgente Sciabolone (Giuseppe Costantini 1758-1808), che dopo l’Unità d’Italia divenne il brigante Sciabolone (la storia cambia a secondo di chi la scrive), nel 1799 al comando di 1.200 uomini si scontra presso Colbuccaro con due colonne filo-francesi del generale Lucotte che a fatica si ritira subendo 8 morti ma infliggendo al nemico 40 perdite. Del resto lo stesso generale La Hoz (1766-1799), comandante degli insorgenti passò nello stesso anno per Montolmo salvando dalla fucilazione dei possidenti presi da un’altra banda di insorgenti: i poverini, catturati mentre erano a messa nella chiesa del Suffragio, furono legati e portati in piazza e fu provvidenziale il casuale passaggio del La Hoz. Però il generale non mancò, come i repubblicani filo-francesi, di chiedere al paese un contributo di 2.000 scudi da pagagare entro un giorno. Non mancarono uomini di corte. Catervo Foglietta, nobile di Montolmo, ebbe un certo successo con incarichi sotto il Papa Clemente VII: il 20 gennaio 1533 fu nominato dal re Carlo V (quello del Sacco di Roma) insieme con i figli Teseo e Bernardino “Conte palatino e nobile del Sacro Romano Impero”. È sotto il marchigiano Sisto V che accrebbe il suo prestigio e quello della sua famiglia. Trasferitosi a Roma, è spettatore dei lavori che Sisto V esegue nella città e che narrerà in Lettera ad un amico di ragguaglio delle Chiese di Roma, et opere fatte da Sisto V, Sommo Pontefice con riferimenti morali, 10 maggio 1587. Nel libricino di 68 pagine difende l’operato del Papa contro quelli che lo tacciavano di inconsideratione avendo levato certi pezzi de ruine antiche e certe altre case vecchie, se ben malcompose et disutili; infatti secondo i detrattori, l’antichità porta seco certa venerazione. Inoltre narra dell’inizio dei lavori eseguiti poi nel 1589 dal Fontana, dello spostamento della Scala Santa dai Palazzi Lateranensi al Sancta Sanctorum (chiesa di S.Lorenzo in Palatio) a sinistra di piazza San Giovanni in Laterano. Il Papa aveva ordinato di rifare il brutto, et ruinoso corridore in S.Giovanni Laterano in forma bellissima. Le citazioni del libricino non mancano in molti testi di storia dell’arte. Eccelso medico montolmese fu Pier Simone Fausti che studiò a Padova tra l’altro anche filosofia sotto Arcangelo Mercenari di Monte Santo (Potenza Picena). Fu sotto Sisto V lettore di medicina presso l’Università di Fermo, protofisico, ufficiale sanitario di Roma, sotto Clemente VII e medico del conclave dove fu eletto Paolo V (1605). Bartolomeo da Monte dell’Olmo, capitano di ventura che aveva militato nella compagnia sforzesca, si rammenta per aver iniziato al mestiere delle armi negli anni ‘60 del 400 il 15enne Boccolino Guzzoni (1450 ca.-1494), di cui diverrà uno dei più fidati comandanti. Nel 1487 Boccolino abbandona Osimo con i suoi fedeli tra cui il vecchio Bartolaccio suo amico e valoroso capitano. Bisogna precisare che a volte viene citato come Bartolaccio o Bartolaccio Bartolacci, ma che si tratta sempre della medesima persona.