Da quando mi svuotarono gli addii
e mi abitarono insonni i roditori
non ho più un cuore, ma una prugna secca.
Eppure ancor mi ostino ad ignorarla,
e penso a lei come a una culla antica,
vuota, ma ogni dicembre in dolce attesa.
L’illusione di un seme, di una gemma,
la sete di una goccia di rugiada,
il profumo di un fiore e un frutto nuovo.
Liscia la scorza come una carezza,
e il succo della polpa blando e forte,
sì che le viscere abbiano riposo,
e, smemoriata, l’anima rinasca.