Notizie vere, curiose e divertenti tratte da “Dicerie popolari marchigiane”

di Claudio Principi

 asciugatura del granturco sull'aia

La spalatura del granturco

I proprietari terrieri vivevano nel continuo sospetto di venire derubati dai loro mezzadri e, pertanto, cercavano di esercitare la massima sorveglianza possibile, specie nei periodi delle raccolte. Il cereale più soggetto alle ruberie, da parte dei contadini, era il granturco, prezioso per l’alimentazione e della famiglia e degli animali in allevamento. Si racconta di un padrone che, in occasione appunto della raccolta del granturco, esercitava una vigilanza spietata, sia di persona e sia tramite dipendenti di sua fiducia. Un anno, ultimate tutte le altre operazioni di raccolta sotto il controllo diretto del padrone, si giunse alla sgranatura delle pannocchie e, quindi, alla esposizione dei chicchi all’aria per l’opportuna asciugatura. Il granturco in granaglie, steso sull’aia di mattoni, per una intera giornata e alla presenza del padrone, venne spalato dal contadino pressoché in continuazione, con una diligenza veramente encomiabile. Venuta la sera e insaccato ben bene tutto il granturco, si procedette alla pesatura e, quindi, alla giusta spartizione. Conclusa questa ultima operazione, il contadino si rivolse al padrone con un inaspettato invito: “E addè, patró, jimo a spartì quest’atro” (E adesso, padrone, andiamo a dividere quest’altro). “Quale quest’atro?” chiese il padrone, al che il contadino lo condusse in mezzo all’aia dicendo: “Véni co’ mme” (Vieni con me). Qui giunti il contadino si chinò e, rimossi due mattoni adiacenti,mostrò al padrone una sottostante buca murata, una piccola cisterna fatta a regola d’arte colma di granturco. Questo, grazie alla spalatura assidua e sapiente del contadino, era finito nella cisterna, chicco dopo chicco, attraverso pochi ma adeguati fori praticati fra le connessioni dei due mattoni, fori ai quali nessuno avrebbe mai potuto far caso. Il contadino, mostrando il granturco nella cisterna, disse al padrone: “Èccolo quell’atro da spartì’. E vurrìo sapé’ se ammó te fidi de me!” (Eccolo quell’altro da dividere. E vorrei sapere se ora ti fidi di me). Il padrone rimase mortificatissimo e pare che dopo quella lezione si astenesse dal controllare lo scaltro contadino. I contadini raccontavano sempre volentieri l’accorgimento messo in atto dall’onesto contadino.

 

 

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