di Cesare Angeletti
Molti di voi, salendo dai cancelli verso la piazza avranno visto la imponente struttura del Palazzo Torri, con davanti una piazzetta e l’emiciclo. La struttura è stata progettata tra il 1746 e il 1773 e costruita da Gian Luigi Torri su disegno dell’architetto Vanvitelli. Il palazzo ha una scalinata d’accesso splendida e una serie di saloni magnificamente affrescati che hanno ospitato, fra gli altri, personaggi famosi e nobili quali Gioacchino Murat e Napoleone; costui in una lettera alla moglie descrive la splendida vista che si ha dal palazzo. L’ultimo proprietario è stato Sua Eccellenza Fernandez de Velasco Duca di Friaz, uno dei nobili vicini al re di Spagna. Della proprietà facevano parte anche i terreni sul colle Torri (Collevario) in fondo a via Roma, sui quali poi è nato il quartiere satellite. Mio padre per quasi cinquanta anni è stato amministratore del duca, il quale ci aveva autorizzato a usare la cantina del palazzo e noi, lì, ci abbiamo fatto il vino per trent’anni. Sotto la finestrella che sta sulla loggia verso mare, dove prima era l’ingresso principale e che aveva davanti un’ampia terrazza panoramica (mura di tramontana) c’era “la canà” (il recipiente dove si pigiava l’uva) e i contadini, fermati i birocci davanti alla finestra, ci scaricavano dentro, direttamente, il loro carico. Poi si faceva il vino ottenuto solo dalla spremitura del frutto senza aggiunta alcuna. Le uve non erano selezionate, tutte di ottima qualità ma da vitigni diversi, il vino era genuino, “de la chiaétta” e ogni botte aveva il suo sapore. Poi, smessa la vinificazione,un signore di Macerata mi chiese di vedere se il Duca ci autorizzava a farci un Club. Feci da tramite e così nacque il “Club Santa Fiora”, che poi con altre gestioni è diventato il “Tartaruga”.
Palazzo Torri era ben conosciuto dai maceratesi, che però non ci potevano entrare dentro, per due terrificanti aspetti esterni… uno erano i due monumentali “bussarelli” , piuttosto grossi, costituiti da due sculture in bronzo con delle facce grottesche e dall’arco di ferro usato per colpire la piastra, posta sotto, onde annunciarsi, con il colpo, agli abitanti del palazzo; l’altra figura terrorizzante, era quella dell’Ercole che sta sopra l’emiciclo posto di fronte al palazzo. A una donna mal truccata o comunque messa male si diceva: “Pari lu vussarellu de Palazzu Torri!” L’emiciclo era stato ideato dal Vanvitelli per ospitare le stalle dei cavalli in maniera tale che il loro “odore” non disturbasse i delicati nasini dei nobili. Trovata davvero geniale. A un ragazzino che faceva le bizze si urlava: “Guarda che chiamo sor Urèlio – questo il soprannome dato all’Ercole dagli abitanti della città – che te da tante vastonate!” E ciò in riferimento al fatto che l’Ercole è raffigurato con in mano la sua poderosa clava. Oggi tali detti non si usano più ma il palazzo resta sempre uno dei gioielli della nostra splendida Macerata, tenuto costantemente d’occhio e custodito con cura da “sor Urèlio”.
Foto Cinzia Zanconi