di Matteo Ricucci
La partenza
“Allora come l’ha presa?” Gli chiese Antonio quando anche Angela Maria rientrò in casa. “Come vuoi che l’abbia presa:è una giovane donna che viene rapinata della libertà d’amare e di vivere vicino all’uomo che ama. Questa è una vita ingiusta, indegna di un mondo civile, se costringe due innamorati a separarsi, ma Carmela è intelligente e sensibile e ha compreso subito che, per conquistarsi una tale libertà, dobbiamo pagare un prezzo, il prezzo della nostra lontananza. Ora non avrà più nemmeno la magra consolazione di vedermi da lontano: l’unico a essere contento per la mia partenza sarà quel tanghero del padre che in mia assenza cercherà di convincerla e costringerla a scordarsi di me. “Sono certissimo che perderà il suo tempo, perché da ciò che ho visto stasera quella ragazza ti ama davvero, almeno in questo sei più fortunato di me e non è cosa da poco. Mario La Torre partì per vivere la sua prima importante avventura, fuori dai confini del suo paesino. Egli non aveva mai viaggiato e perciò quel nuovo mondo che lo attendeva si tingeva dei colori della fantasia. Il tempo impiegato nei preparativi fu foriero d’ansia e di riflessione: appena si fermava un attimo dal preparare i documenti o le poche cose necessarie, cadeva in una profonda meditazione che gli riempiva la mente di una umanità virtuale: gli allievi del corso, i sottufficiali e gli ufficiali di grado superiore, la caserma, gli esercizi ginnici, le lezioni del corso, le strade di quella nuova città che egli immaginava rumorosa e popolata. Il padre osservava e taceva, ma torturava il cannello della sua vecchia pipa per impedirsi di interferire nella vita e nelle decisioni del figlio. Comprendeva lo stato d’animo di quel ragazzo che, nell’affrontare l’ignoto mondo di fuori, gli rammentava se stesso a diciassette anni su d’una lenta ed asfittica tradotta militare che lo conduceva, contro la sua volontà, a combattere sul Carso. Ricordava che, nonostante l’implicito rischio della guerra, la sua immaginazione s’arroventava nel tentativo di squarciare il sipario che gli nascondeva il suo prossimo futuro. Il loro fu un distacco silenzioso e pieno di dignità, sebbene avessero entrambi il cuore colmo di pianto nascosto e di tristezza palesa. Quando Mario stava per salire sulla corriera, vide apparire al limitare della piazzetta, l’inconfondibile figura della sua Carmela che non aveva resistito al bisogno di vederlo ancora una volta, prima che egli partisse. In quel momento essi, dimenticando ogni riserbo e ogni prudenza, si corsero incontro, abbracciandosi, sotto gli occhi esterrefatti dei compaesani i quali avrebbero così avuto la loro quotidiana razione di pettegolezzo da narrare in famiglia e tra gli amici. La ragazza, invece, e di ciò era sicura ma poco ormai le importava, avrebbe avuto la sua razione di bastonate e il divieto di mettere il naso fuori di casa chissà per quanto tempo. I due innamorati ebbero soltanto il tempo di salutarsi, poi lei vide la corriera allontanarsi inesorabilmente, trascinandosi dietro il suo innamorato. Carmela percepì come uno strappo lacerante in fondo allo stomaco e si portò la mano alla bocca per impedire che il suo pianto prorompesse con forza e disperazione. Mario giunse a N., sede della scuola per sottufficiali. Davanti alla stazione vide un foltissimo gruppo di ragazzi di ogni regione d’Italia: dalle inflessioni dialettali arguì che la maggioranza era meridionale. Avevano tutti un colorito pallido per l’emozione e per la stanchezza. Attendevano la cor-riera della caserma che li avrebbe portati a destinazione. Mario si sentì toccare una spalla, si girò incuriosito e vide Michele Cassa, suo compagno di scuola. “Michele, anche tu qui?” – “È evidente! Che scalogna! Siamo stati sullo stesso treno per un tragitto così lungo senza saperlo, ci saremmo fatti”. – “Già, hai ragione! Come mai hai deciso anche tu d’arruolarti?” – “Ho capito ciò che mi vuoi dire: come mai io, figlio di un ricco agricoltore, mi arruolo in polizia? In verità mi ero rotto le palle in quell’ambiente stantio e gretto della mia famiglia. Di laurearmi non me ne andava. Ero stufo di sentirmi ripetere da mio padre che senza i suoi soldi sarei finito nella merda. Così ho deciso di dimostrargli il contrario. Poi muoverci un poco e cercare di menare anche le mani non ci farà male!” continua