VIA PACE

Tratto da Macerata tra storia e storie

di Fernando Pallocchini

Via Pace, la nuova chiesa
Via Pace, la nuova chiesa

Perché via della Pace? Il nome ha origini antichissime, addirittura al 1321. Risalendo fino a prima dell’anno 1000, in fondo all’odierna via, di fianco alla piccola piazza posta prima dell’incrocio per la corta di Montelupone, c’era probabilmente il castello di Lotenere, un piccolo castrum. Questo comunicava con il podium Sancti Juliani attraverso una delle malandatissime strade dell’epoca, quella ripidissima oggi detta di Fonte della Quercia, che proseguiva per Montelupone e Recanati.Il castello di Lotenere decadde e si spopolò, intorno al 1250, a causa della guerra tra Guelfi e Ghibellini che favorì l’emigrazione verso la più sicura Macerata. Quando questa ultima, a danno della ribelle Recanati, ottenne la Diocesi il primo Vescovo (il recanatese Federico) per favorire la pace tra le due città eresse, sull’incrocio delle strade per Montelupone, Recanati e Macerata, una chiesetta che dedicò, in modo beneaugurante, alla Madonna della Pace. Era il 1321. Verso la metà del 1400 la chiesina venne abbandonata e la zona si chiamò di San Cristoforo. Solo 2 secoli più tardi, nel 1600, intorno a Fonte della Quercia sorsero alcune casupole (le “Casette di San Cristoforo”), la chiesa passò ai Canonici del Duomo che la fecero custodire da un eremita e a un eremita si deve la pala di altare dipinta nel ‘700 dal maceratese Costanzo Alberti. Nel 1782 la chiesetta fu restaurata, al suo fianco c’era un piccolo cimitero in cui furono sepolti, nel 1831, il Canonico Carlo Ercolani (un buon letterato), don Emilio Granella (curato di Madonna del Monte alla fine del ‘700) e, nel 1843, una anonima, nonché misteriosa, signora inglese. Ulteriori restauri nel 1878 e nel 1885. Nel frattempo la zona iniziava a popolarsi tanto che, nel 1879, per evitare la ripida e scomoda salita delle “Fosse”, si aprì via Maffeo Pantaloni. La chiesa era ormai piccola e cadente, subì un altro restauro nel 1923, ma era vicina la sua fine. Nel 1954 fu demolita e in sua sostituzione sorse il tempio attuale. Nel frattempo il transito delle vetture, complice l’apertura del ponte sul Potenza a Sambucheto, si intensificava ogni giorno di più e quella che era una semplice via di comunicazione dalla campagna alla città era diventata un’arteria trafficatissima. Sparite le case dei contadini, con i caratteristici pagliai (“de la paja” e “de la pula”) che assomigliavano a torsoli di mela, al loro posto squadrati caseggiati popolari, la scuola, l’asilo, negozi e tante, tante famiglie. Non più il castello di Lotenere o le Casette di San Cristoforo ma una parte di Macerata “granne”, per cui oggi via della Pace, a dispetto del nome, è una delle strade meno tranquille di Macerata per motivi strettamente legati al traffico.

Via Pace, qui sorgeva la chiesa della Madonna della Pace
Via Pace, qui sorgeva la chiesa della Madonna della Pace

E’ ormai una direttrice viaria importante al pari di corso Cavour e corso Cairoli con la differenza che è a due corsie e non a tre come queste due. La sede stradale è usata anche come parcheggio, in molti punti le auto sono autorizzate a sostare metà su strada e metà sul marciapiede. E’ chiaro che non si può fare diversamente ma così per i residenti è difficile non solo l’attraversamento, con il traffico spesso ininterrotto, ma anche lo spostarsi a piedi lungo il marciapiede. Oggi è una usanza decaduta, ci sono solamente pochi residui nelle zone di campagna, ma fino a qualche decennio fa c’era l’inveterata abitudine di chiamare le persone non con il nome e il cognome ma con il nome seguito dal soprannome. Tanto che se qualcuno chiedeva una informazione per trovare, mettiamo, Mario Rossi si sentiva rispondere: “Mai sentito…” quando invece, minimo, era il vicino della casa accanto meglio conosciuto come Mario de Sardafossu! Ecco di seguito alcuni “nomi e soprannomi” veri e reali di “paciaroli”: Anna de Callarucciu; Lelletta de Ciocò; Jiuà de Discideru; Anna de lu Fattò; Nenè de Ficu; Peppe de Filò (e chi non lo conosce!); Elio de Framarì; Sergio de Jennà; Aldo de Gnilittu; Nello de Pizzicà; Floriana de Purgì; Gigetto de Speranza; Jiuà de Viulì e Rina de Vutticillu.

continua

 

Foto di Cinzia Zanconi

 

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