di Claudio Principi
Un frutteto da leggenda
I frutti, nei tempi di miseria e di contatto con la natura che li forniva, erano considerati un ottimo companatico e così, presso ogni albero carico di frutti maturi, lodandoli con il motto “Cóti e magnati li frutti è bóni!” (Colti e mangiati i frutti sono buoni!) grandi e piccini, uomini e donne, si avvicinavano alla pianta con un tozzo di pane in mano e ne facevano scorpacciate vincendo la fame. In tal modo la popolazione risolveva in buona misura il problema dell’alimentazione per tre stagioni l’anno grazie a ciliegie, prugne, pere, fichi, pesche, meloni, uva e noci. Infatti, per antica consuetudine si praticava il furto campestre e le ruberie di frutti praticate dalla povera gente erano tollerate da chi le subiva purché fatte per soddisfare il bisogno primario della fame. Chi commetteva quei furti non riteneva di commettere un reato, né di commettere un peccato, e questo convincimento era pacifico e generalizzato. A Montolmo, negli anni ‘20, il caporione dei ragazzi di Cerqueto era Lucio de la Lòffa e memorabili sono rimaste le merende a base di frutta rubacchiata fatte dalla sua banda di affamati. Queste “merende con destrezza” venivano fatte a scapito dei Vraìtti (Bravetti), famiglia facoltosa che abitava poco fuori Porta San Donato, a quattro passi dal rione Cerqueto. Il grande palazzo dei Bravetti non era circondato da parco e giardino ma, per scelta di quei signori, era immerso in una vasta area agricola coltivata a frutteto, con piante di ogni specie e frutta di ogni qualità. Ora, siccome sòr Alfonso Bravetti faceva spesso omaggio alle famiglie sue pari, o a coloro con cui aveva relazione, di cestini di frutta appena colta nel suo leggendario frutteto, gli capitava di sentirsi domandare se quel frutto, o quell’altro, fosse maturo oppure no. Il vecchio signorone, con aria quasi canzonatoria usava rispondere ogni volta: “A mme lo chjdi? Vàllo a chjéde a Lucio!” (A me lo chiedi? Vallo a chiedere a Lucio!).