Il rosso fiore della violenza XV puntata

di Matteo Ricucci

 p 5 coppia e fuochi artificiali

Mario non rispose, era ormai calata la sera e s’avvicinava l’ora dell’appuntamento con Carmela. Si avviò lentamente con il cuore gonfio di sentimenti contrastanti: la soddisfazione del relativamente facile consenso del padre, il dispiacere di dover lasciare solo quel magnifico vecchio combattente, l’ansia e la felicità del prossimo incontro con la sua ragazza. Carmela era un’affascinante ragazza di vent’anni, non molto alta e con corti capelli biondi a caschetto, moda lanciata da una nota cantante del tempo, occhi azzurri e ciglia lunghissime. Aveva una fossetta sul mento e un sorriso malinconico quasi costante. Snella e aggraziata la sua figura. Figlia di Francesco Ciuffreda, detto “Chepetust” per via del suo carattere autoritario e incoercibile. Lei, appena vide il suo ragazzo, gli corse incontro e, con uno slancio ancora fanciullesco, lo abbracciò come se non lo avesse dovuto mai più abbandonare, poggiando la sua testa sopra una spalla. Antonio e Angela Maria, sua sorella, guardavano il passeggio ai piedi della terrazza e i tetti impolverati di luce lunare. “Ciao, Amore, come stai?” Le chiese con voce tremante Mario. “Io bene e tu?” – “Fisicamente non mi lamento, moralmente tu già mi conosci, non è vero?” – “Certo, ma tu devi reagire perché verrà anche per noi il giorno in cui saremo liberi di manifestare i nostri sentimenti”. Quell’incontro, sognato e desiderato in ogni minuto della loro vuota vita di giovani paesani, depressi e soggiogati dai tabù familiari e sociali, aveva il sapore d’un sogno e non d’una realtà tangibile. “Carmela, tu già conosci la mia angoscia: non posso più tergiversare, è l’ora di prendere una decisione, mi dispiace soltanto dovertelo dire in un momento come questo: ho deciso d’arruolarmi nella polizia!” – “O no, Mario, ti prego non lasciarmi sola, come farò senza di te?” Rispose con amarezza la ragazza. “Oh Dio, non rendermela difficile anche tu questa mia dura scelta! Ho faticato tanto a convincere mio padre, almeno tu cerca di capirmi. Lo faccio per te e per me. Noi non possiamo trascorrere i nostri migliori anni a torturarci, guardandoci da lontano come due reclusi e a sognare, come apice della nostra felicità, un incontro a quattro come questo. Io ho bisogno di te, del tuo amore e ancor più della tua vicinanza fisica. Ho bisogno di credere che anche a me è concesso il diritto alla felicità. Se mi arruolo avrò una carriera da realizzare e uno stipendio che ci darà la possibilità di sposarci con o senza il consenso della tua famiglia. Nello stesso istante un inatteso scoppio dei fuochi pirotecnici spaventò Carmela che lanciò un urlo, aggrappandosi al collo di Mario. Questi con uno slancio spontaneo le baciò la bocca con passione: era quello il primo loro bacio da quando avevano scoperto d’amarsi e quella fu anche la prima delle dolci sensazioni che li avvinceva come un nodo d’amore. Poi una fantasmagoria di fiori luminosi dai mille colori piovve dal cielo: un coro di meraviglia salì nel buio della notte, dalle terrazze e dai balconi. Per le strade la gente estasiata s’entusiasmò ad inseguire le fantastiche ragnatele di quel firmamento artificiale. Al primo bacio seguirono gli altri e i sospiri e le parole d’amore godettero della complicità degli scoppi e dei fragori dei fuochi. Alla fine l’incanto finì e Carmela gli disse: “Hai ragione tu, è giusto che sia così. Devi promettermi però di scrivermi tutti i giorni, indirizzando le lettere ad Angela Maria. In esse tu mi dovrai parlare della tua nuova vita, delle persone che conoscerai, delle città che visiterai. Voglio essere legata a te in ogni istante di tutto il tempo in cui tu sarai lontano da me. Ho paura che la nuova vita che ti attende non sarà priva di pericoli: i giornali parlano tanto della violenza politica e di quella criminale, perciò stai attento!” – “Te lo prometto, ma tu non essere preoccupata. Saprò badare a me stesso. Comunque sappi che ogni lavoro ha i suoi rischi, basta imparare a farlo con onestà e impegno. “È giusto, ed io sono convinta della tua rettitudine”. Si avvicinò Antonio: “Ragazzi, mi dispiace disturbarvi, ma è ora di rientrare, se non vogliamo crearci complicazioni fastidiose”. Carmela, prima di allontanarsi da Mario, lo abbracciò e baciò ancora una volta. “Arrivederci, Mario e buona fortuna”. Un nodo le strinse la gola e un pianto senza singhiozzi le bagnò il viso.

continua

 

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