Gli ex libris del fondo Leboroni

Un libro scritto da Goffredo Giachini,

edito da biblohaus

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La Biblioteca Statale di Macerata ha avuto in dono da Maria Elisa Leboroni una raccolta di ben 12mila ex libris. L’incarico della loro catalogazione e digitalizzazione è stato affidato a Goffredo Giachini, appassionato cultore del settore nonché collezionista. Questa collezione, denominata “Fondo Leboroni” è composta da 12mila pezzi realizzati da importanti artisti italiani e stranieri, e riconosciuta di particolare rilievo dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Che cosa è un ex libris? L’ex libris è un contrassegno, spesso ornato con fregi e motti; posto internamente a un libro indica, con la espressione ex libris seguita da un nome di persona, la provenienza da una raccolta personale. “I libri possono contenere più ex libris – come scrive nella introduzione lo storico del’Ex Libris Gian Carlo Torre – legati ai passaggi tra più biblioteche, dimostrando che essi continuano a vivere; con le aggiunte degli ex libris dei successivi possessori si documenta la vita del libro e il continuo scorrere della storia”. Lavoro improbo quello capitato a Goffredo Giachini, perché non solo catalogare ma anche raccogliere informazioni su 12mila pezzi non è uno scherzo. Come si è organizzato? Una prima suddivisione l’ha operata mettendo in ordine alfabetico i cognomi degli autori, mettendo da parte eventuali doppioni e gli ex libris di cui non si è individuato l’autore. A questo punto ha separato le opere realizzate dalla stessa donatrice, Maria Elisa Leboroni, inserendole in un catalogo a esse riservato. Stesso criterio lo ha adottato per gli autori italiani evidenziati in un raccoglitore a parte. In un altro album hanno trovato posto i biglietti con le espressioni augurali. Poi, ogni raccoglitore è stato digitalizzato con i seguenti elementi utili per la consultazione: individuazione (n° album, pagina, n° progressivo del soggetto); autore e nazione di origine; tecnica realizzativa; dimensioni; committente; soggetto; osservazioni (foglietto firmato, eventuale tiratura, ecc.). Le tecniche usate per la realizzazione di un ex libris sono divise in tre categorie: stampa in rilievo o alta; stampa in cavo; stampa in piano. La stampa in rilievo presuppone matrici in legno realizzate con la tecnica della xilografia, segue l’inchiostratura e la stampa a pressione mediante un torchio. Per la stampa in cavo si usano matrici di rame o zinco incise con la tecnica della calcografia, poi si esercita una pressione uniforme con un torchio a cilindro. L’incisione può avvenire segnando il metallo con bulini o punte (incisione a bulino, puntasecca…) o trattandolo con l’acido (acquaforte, acquatinta…). Rimane la stampa in piano le cui matrici sono realizzate con la tecnica della litografia o della serigrafia; nel primo caso la matrice è di pietra calcarea o di zinco, e la stampa avviene con un torchio tipografico; nel secondo caso la matrice è costituita da un telaio sul quale è steso un tessuto dalla trama più o meno larga, impermeabilizzato ove si otterrà il bianco, per cui l’inchiostro (o il colore) grazie alla pressione di una spatola di gomma filtra attraverso la trama aperta lasciando il segno sulla carta: è la stampa serigrafica. Nella Collezione Leboroni sono presenti diversi artisti marchigiani: Bruno Marsili da Osimo, Luigi Bartolini, Giuseppe Mainini, la stessa Leboroni, Walter Piacesi, Tullio Pericoli, Nino Ricci, Lanfranco Lanari, Carlo Iacomucci, Riccardo Piccardoni e Silvio Craia. Nelle ultime pagine del libro Goffredo Giachini ha inserito massime curiose estrapolate dagli ex libris, alcune si rifanno alla frase di Teodoro Leclerq “Tale è la sorte disgraziata di ogni libro prestato: perduto spesso sciupato sempre” e cioè, in un latino improbabile… Librum meum non praestabo – si prestabo non habebo – si habebo non tam cito – si tam cito non tam bonum – si tam bonum perdo amicum – ergo nolo praestare librum. Hanno introdotto alla lettura scritti di Gian Carlo Torre, Angiola Maria Napolioni, Fulvio Roberto Besana e Lucio Del Gobbo.

 

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