L’unica evasione a Macerata

di Cesare Angeletti

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Fino a qualche anno fa le mamme, per calmare i figli discoli, o i padri per frenare gli ardori dei giovanotti scalpitanti, erano soliti dire: “Stai buono perché altrimenti finisci a Santa Chiara”. Il riferimento era al palazzo ubicato a metà di via Garibaldi e che era stato per tanti anni la sede del tribunale e delle carceri. Perché il nome della Santa a un Palazzo di Giustizia? La storia inizia nel 1355 anno in cui un documento dice che sul posto esisteva la chiesa dedicata a San Tommaso Becket con adiacente un monastero femminile. Il tutto non era una struttura monumentale ma solo una serie di piccole costruzioni che formavano l’insieme. Poi nel XVI secolo le Clarisse occuparono il convento e, ovviamente, lo ribattezzarono dedicandolo a Santa Chiara. Il piano urbanistico del 1560, che prevedeva la costruzione di via Illuminati, fece sì che venisse abbattuto il tutto per dare posto alla via, poi nel 1599 fu ricostruita la chiesa. Nel 1796 fu aggiunto un educandato e sistematoil coro della chiesa. Infine nel 1808 il monastero fu chiuso per le leggi napoleoniche e il tutto fu adibito a tribunale e carcere. I primi del ‘900 furono fatti dei restauri che hanno cancellato tutte le tracce precedenti lasciando solo un ricordo nella sala della ex Corte d’Assise. Per decenni, poi, la struttura è stata usata come carcere e tribunale. A onor di cronaca dobbiamo dire che il carcere era così sicuro che, nella sua centenaria storia, c’è stata una evasione solamente. Questa avvenne negli anni ‘50 quando un carcerato, figlio di un noto, quanto strambo, cittadino maceratese, riuscì a evadere. C’è da premettere che a casa loro, una baracca di famiglia estremamente povera, spesso il mangiare era un optional. Il padre che, quando non era in braccio a Bacco, si arrabattava a fare lo strillone di giornali, quella volta andò in giro per Macerata, come suo solito, urlando a tutta voce: “Notizia del giorno! Clamorosa evasione dal carcere di Santa Chiara! Tutti i particolari in cronaca!” aggiungendo poi a voce più bassa: “Quillu stupetu de mi fiju s’è stufatu de sta’ a lo callo e de magnà’ tutti li jorni e adè scappatu via da le carceri, ‘stu disgraziatu” (Quello stupido di mio figlio si è stancato di stare al caldo e di mangiare tutti i giorni ed è evaso dalle carceri, questo disgraziato). In città lui era conosciutissimo e il figlio pure e le persone si divertirono tanto alle ripetuta scenetta che, in quella giornata, le vendite del giornale salirono alle stelle.

 

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