Il rosso fiore della violenza XIII puntata

di Matteo Ricucci

 polizia

I due amici

Mario si commosse e, quasi volesse nascondere a occhi indiscreti i suoi sentimenti, strattonando Antonio gli disse:

“Andiamo via, ti prego, troviamoci un posto più tranquillo”. Facendosi largo tra la folla, infilarono uno stretto vicolo e si allontanarono dal corso. “Grazie, Antonio! Il tuo gesto mi ha commosso, ma io sono convinto che neanche il nostro Santo Patrono mi farà uscire da questa brutta situazione. Avere un posto d’insegnante qui non se ne parla: ho già fatto tre concorsi e il solo risultato è stato che mi sono perso in una graduatoria di esseri inutili. Forse ci riuscirò a 40 anni, quando sarò già vecchio e rincretinito. E poi, finché vive mio padre, non posso nemmeno pensare di riciclarmi in un qualsiasi altro posto. Credimi sarei disponibile a fare anche il bracciante come lui, ma lui me lo vieta tassativamente. Mi dice sempre che, per quanto riguarda la sua famiglia, la stirpe dei braccianti si deve estinguere con lui. Sai quanto irascibile e cocciuto è il mio vecchio.” – “Lo saprò, che ne dici? A volte penso che sia il fratello gemello del mio! Bisogna comprenderli. Hanno lavorato duramente tutta una vita per dare ai propri figli un pezzo di carta che gli assicurasse un posto fisso: noi per loro siamo una conquista sociale! Per la prima volta, nella lunga discendenza di braccianti e di operai, credono d’aver spezzato per mezzo dei nostri diplomi la catena della loro servitù. Dopo di essi nelle nostre famiglie non ci saranno più né braccianti, né fabbri e perciò non possono e non vogliono vederci utilizzati diversamente da quello che abbiamo imparato sui banchi di scuola. Noi siamo il loro fiore all’occhiello, un’onorificenza a lungo sognata e faticosamente conquistata da mostrare al mondo intero.” – “Lo so, lo so! Quante volte ho fatto anch’io la tua stessa riflessione. Non ne posso più! Sono stufo d’aspettare, intristisco ogni giorno di più. Sapessi quanto è umiliante ogni giorno andargli a chiedere qualche spicciolo. Non me li rifiuta mai, ma ogni volta, prima di darmeli mi devo sorbire un’interminabile lezione morale sull’uso del tempo e del denaro. Non si rende conto che le esigenze dei giovani d’oggi sono diverse da quelle del loro tempo: oggi, noi abbiamo bisogno di agire, loro soltanto di ricordare.” – “Ti capisco, ma non lo devi giudicare male. Egli si comporta così in buona fede, è sinceramente convinto di farlo per il tuo bene. Ah questi nostri vecchi! Impastati di sangue e di sudore, di fatica e di delusioni, sono diventati secchi e nodosi come questi nostri antichi e contorti ulivi tra i quali si sono dissanguati di tempo e di speranza. A volte mi capita di sognarli piantati nella nostra terra e con le braccia protese nell’aria a invocare una giustizia che da sempre gli è negata.” – “La sua saggezza mi sconcerta, è un pozzo senza fondo! Se penso che mio padre è un analfabeta e, ciò nonostante, ha sempre pronta la risposta giusta a ogni mia domanda, mi chiedo a quale cultura ha attinto il suo sapere. Io, nonostante i miei studi e le mie continue letture, ho sempre da imparare da lui.” – “Hanno sangue antico nelle vene. Il sangue dei greci e dei romani, degli arabi e dei normanni e quello, più in generale, dei dominatori di tutti i tempi. Sangue versato per le ingiustizie patite attraverso tutti i secoli, sangue che ha fecondato, in ogni istante della loro vita, la speranza che alla fine avrebbero conquistato i loro diritti. È il loro sangue antico, ricco d’esperienza e di saggezza che li ha preservati dalla pazzia, nonostante le continue sconfitte e le frustranti delusioni. Se no, come spiegare la loro tenace sopportazione, la loro cocciuta determinazione nel perseguire i loro ideali. Mio padre mi ha raccontato spesso delle lotte contro gli agrari, dopo la fine della prima guerra mondiale, per il possesso del latifondo incolto, terre promesse durante i duri anni di sacrifici al fronte. A cose fatte tradirono sfacciatamente tutti i loro impegni e, al primo cenno di protesta, usarono le bombe a mano, i manganelli, l’olio di ricino e, quelli di loro più tenaci, furono addirittura eliminati fisicamente. Ciò nonostante operai e contadini, vilipesi e sfruttati, riannodarono le fila interrotte dalla violenza, contrastarono la dittatura con la resistenza, prima passiva e poi con la lotta armata. “Purtroppo non è cambiato molto da allora, basta guardarsi attorno!” Aggiunse Mario: “Ti sbagli, hanno passato il testimone alle nuove generazioni. Io sono un testimone diretto delle lotte politiche dei nostri giorni: oggi scendono in piazza anche gli studenti a fianco degli operai e dei contadini e vedessi con quanta passione si battono!” – “Sarà come tu dici, ma mio padre afferma che non cambierà nulla nemmeno questa volta.” –

“Ora smettiamola con le chiacchiere e veniamo ai fatti: perché non ti arruoli anche tu nella polizia? Te l’ho già detto: io non mi trovo male! Certo qualche rischio si corre, il lavoro è duro e i tempi sono forieri di lotte politiche e sindacali ma, in compenso, si può fare carriera e alla fine, comunque, se ti stufi puoi sempre venirne fuori quanto ti pare. “Conosco già la risposta di mio padre.” – “Dio santo, Mario, sei maggiorenne e puoi fare come ti pare, no?” – “Dici bene tu! A casa tua ci sono tua madre e tua sorella a badare a tuo padre, mentre il mio, da quando è morta mia madre, non ha che me: partito io, resta solo!” – “Questo è vero, ma tuo padre è una vecchia quercia, non è stato mai male, ed è abbastanza autosufficiente. Vedrai che alla fine si arrenderà all’evidenza dei fatti: è sempre meglio un figlio poliziotto stipendiato, che un insegnante disoccupato e depresso. Tu sai che anche mio padre era contrario al mio arruolamento e ora fa la ruota come un pavone quando mi vede in divisa e con i gradi. Anzi sta cercando di convincermi a dare la scalata al corso ufficiali. Dimmi, piuttosto: c’entra Carmela nella tua indecisione? Sei sempre fidanzato con lei o no?” – “Fidanzati! Curioso eufemismo per noi due che nemmeno per strada ci possiamo guardare, per la opposizione della sua famiglia che mi giudica un povero fannullone. Uno spasso per me pretendere di sposarne la figlia. Sono proprietari di quattro ettari d’uliveto su cui campano 3 famiglie per un totale di 20 persone. Contenti loro, a sentirsi ricchi, pur con i loro stracci!” – “Senti facciamo così: dico a mia sorella d’invitare la tua Carmela a vedere i fuochi d’artificio dalla nostra terrazza: è una buona occasione per parlarvi. Tu intanto pensa alla mia proposta. Se accetterai, parlerò al Comandante della Scuola Allievi Sottufficiali: è una brava persona, ti aiuterà di certo.” – “L’idea mi alletta, ma dovrò superare lo scoglio di mio padre e non sarà facile: non vorrei offenderlo abbandonandolo come un malfattore. Per quanto riguarda Carmela,poi, la mia partenza la addolorerà molto, ma sono certo che mi comprenderà”.

Continua

 

 

A 9 persone piace questo articolo.

Commenti

commenti