di Medardo Arduino
La questione che apro è relativa a se il nostro Carlone sia stato Magno in quanto a grandezza storica e non solo Grosso in quanto a stazza fisica. Sottolineo che Carlone, nome che uso spesso, non è un nomignolo dispregiativo, (mai mi permetterei) è semplicemente la traduzione in italiano del “Carlun” nome usato nella Chanson de Roland. In quanto a grandezza politica e militare Carlone mi sembra molto meno grande di suo padre Giuseppe il piccolo, Pippì lu ciucu per noi e Pepin le bref per i Francesi, il vero costruttore dell’impero. Rivediamo in quattro parole la vexata questio. Pipino è il primogenito di Carlo Martello, probabilmente è di madre di nobile stirpe transalpina, e Carlomanno è il suo fratello minore, c’è un terzo incomodo: è Grifone, fratellastro probabilmente da madre nobile cisalpina. Infatti, continuando infatti la tradizione dei Pipinidi anche Carlo il martello pare abbia una moglie a casa sua di qua delle Alpi e una aldilà: per i lunghi e freddi inverni delle trasferte nelle Gallie con l’esercito a riscuotere tributi. Non spaventatevi dei molti probabilmente che uso, sono tutti correttamente al loro posto, perché in queste genealogie ci sono solo opinioni e ipotesi da cronache poco affidabili e molto posteriori a riguardo dei personaggi, delle date e dei nomi quando ci sono. Veniamo al nocciolo: cosa Carlone si è trovato già fatto dal padre e cosa ha fatto da solo. Pipino il piccolo, proprio perché piccoletto, vista la legge Franca, viene riformato alla leva dei 5 anni e anziché mettergli in mano una spada lo mandano a studiare in monastero.
La primogenitura e relativi diritti và a Carlomanno, grande e grosso probabilmente, ma non altrettanto intelligente. Grifo il secondo primogenito godrà dei diritti della primogenitura per la sua metà di territori. Sì a quei tempi l’Europa è ancora divisa in due territori di semplice prelievo di tributi: Austria e Neustria, da quando i franchi si sono messi in proprio nel controllo dell’ex impero romano. Quando muore babbo Carlo, Grifo riceve infatti la Neustria e Carlomanno l’Austria, con Pipino che piccoletto gli trotterella a fianco. Pipino però è grande nel pensiero e dai monaci di San Ginesio ha studiato su quei trattati militari che da sempre i franchi conoscono essendo stati mercenari al servizio degli imperatori per più secoli. Magari nel monastero di San Ginesio c’era il De Bello Gallico o forse la sua epitome a cura di Vegezio, fatto sta che Pipino si dimostra statista e stratega formidabile oltreché fine politico alla Machiavelli: condivide la carica di Maggior signore di Austria col fratello Carlomanno finché non riesce a far assassinare Grifone il fratellastro e Maggior Signore di Neustria (quando questo avviene forse a Chambery, fa scrivere dal cronista che era a Bonn a celebrare un trionfo). Rimasto Carlomanno fratello di sangue non lo uccide ma, ripresa la primogenitura, lo costringe monaco a Montecassino dove muore (questo passaggio di primogenitura quando gli storici dicono invece che i franchi dividevano il regno fra tutti i figli, fa puzzare questa ultima ipotesi). Rimasto l’unico Maggior Signore Pipino si proclama Re dei Franchi (rex francorum vir inluster come fa scrivere nell’incipit delle sue cartule). Pipino stabilizza il controllo dei territori transalpini, ancora abitati in prevalenza da tribù seminomadi, con l’istituzione dei Comites scelti fra i suoi fideles e posti come domini loci nei territori controllati. Ai militari, dimostrando conoscenza del-le problematiche della logistica militare, affianca un gran numero di monasteri affidati ai Benedettini ai quali dona luogo, pertinenze e particolari privilegi. Li dona con l’obbligo implicito, a parer mio, di tenere nella torresilos del monastero una consistente scorta alimentare per le sue truppe. Solo così si spiega perché i monasteri di valico, posti in solitari luoghi montani, abbiano il privilegio di centinaia di celle contributarie sparse nelle basse pendici prealpine. Il valico alpino è un punto assai critico e la logica non fa una piega. Pipino non perde una battaglia che si sappia, pur se gli storici transalpini farloccano pesantemente le sue gesta soprattutto i suoi rapporti col cugino Papa Adriano, scambiato probabilmente con Stefano sempre nelle cronache postume. Pipino riforma la monetazione e conferma le antiche leggi dei Franchi, quando passa la mano l’impero è già formato e va a Carlone e a Carloman. Sarà Carlone (talis pater talis filius) che si libera del fratello, la cui moglie fugge dal paparino in Langobardia. Forse Carlone era più poeta che condottiero, la campagna spagnola è offuscata da una batosta infertagli dai Saraceni, quelle contro i Sassoni terminano dopo 30 anni solo quando i nobili germanici entrano nella discendenza imperiale (se non puoi sconfiggere il nemico fanne un alleato), Dani e Normanni infestano le coste del nord e con i Saraceni forse sono più gli accordi commerciali che gli scontri, visto che questi non lasciano la costa azzurra fino all’XI sec. Gli storici romantici dell’MGH Karl die Große lo hanno volutamente dipinto in modo decisamente migliore, d’altronde che figura ci facevano ad avere come padre della loro grande Germania un omarino alto solamente un metro e venticinque?