di Siriano Evangelisti
Con il ritorno sulla torre civica dell’antico orologio è interessante rileggere le cronache del tempo, quando venne collocata la grande lapide in onore di Vittorio Emanuele II, previa rimozione di quanto restava dell’orologio del ‘500. In un trafiletto apparso sul “Vessillo delle Marche” del 13 marzo 1882, si parla dei lavori in corso sulla torre per la sistemazione della lapide, il che comportava, secondo il giornale, “le rimostranze dei falchi e pipistrelli per essere stati sfrattati dalle loro abitazioni senza previa disdetta e di quei vecchi Re Magi che stavano ai lati del vecchio orologio, indispettiti per la sostituzione che si farà nel posto da loro occupato d’una nicchia qualunque, che si avrà l’audacia di appellare Monumento a Vittorio Emanuele”. Ma a parte i falchi e i pipistrelli non risultano lamentele da parte dei cittadini per la sostituzione, anzi, sempre dal Vessillo del 13 luglio si ha un resoconto entusiastico delle manifestazioni che si tennero in città domenica 9 luglio in occasione della inaugurazione ufficiale della lapide. “La città era tutta adorna di bandiere e di arazzi e nella piazza si ammirava il bellissimo cappello cinese, da cui partivano a foggia di rami centinaia di palloncini intrecciati da banderuole, che dovevano formare una splendida luminaria”. Erano presenti tutti i Sindaci dei Comuni della Provincia, con le più importanti associazioni e numerose bande musicali. Con l’occasione venne composto un inno ufficiale, eseguito da dilettanti e artisti di canto. Una recita allo Sferisterio, la corsa dei cavalli dai Tre Archi a Porta Montana e i fuochi artificiali completarono il nutrito programma di festeggiamenti, in parte rovinati dal fortissimo vento che distrusse completamente l’originale impianto d’illuminazione della piazza. Non a tutti però piacque la lapide disegnata da Luigi Fontana e scolpita da Angelo Lana: venne addirittura paragonata a un caminetto con sopra una moneta da cinque lire. Ovviamente i critici vennero messi a tacere dal forte entusiasmo nazionalpatriottico, a pochi lustri dalla unificazione e per rispetto nei confronti del Re galantuomo, padre della patria e primo artefice del Risorgimento. Oggi la torre civica, con l’antico orologio “magico” – come lo definì un cronista di un quotidiano romano in un articolo del 24 febbraio del 1939 – acquista una elegante bellezza, come lo era stata per ben 5 secoli. Il 18 aprile, con largo anticipo sull’Epifania, i Re Magi sono arrivati in città per restarci per sempre; per due volte al giorno hanno l’incarico di portare alla Madonna e al Bambino, assisi in trono, i consueti doni; alla città, invece, porteranno un dono ancora più grande: un arricchimento della bellezza della piazza e un forte richiamo turistico che non potrà non arrecare benefici a tutti. Si amplia così e di molto l’appeal della città, dopo lo Sferisterio e i Musei Civici, e di ciò non si può non essere grati all’Amministrazione comunale cha ha saputo portare a compimento una grande opera, voluta dai nostri antichi padri.