di Umberto
Il parroco, piuttosto in là con gli anni, racconta qualche spezzone delle sue prediche. C’era una parola dialettale che pronunciava spesso con vigore e rabbia: “Llagghjó!”
“Llagghjó, all’Inferno!” 1
Gli avevano rubato tutti i polli che stavano in un recinto sito dietro la chiesa. Vergogna! Togliere a un prete la gioia di mangiare due cosci di pollo al forno con le patatine novelle, cipolle fresche e rosmarino. L’artefice di questa bravata avrebbe potuto essere tranquillamente scomunicato ma, soprattutto, sarebbe andato non laggiù in fondo alla piazzetta ma (e qui il tono diventava accalorato e minaccioso)..: “Llagghjó, all’Inferno!”
“Llagghjó, all’Inferno!” 2
Quasi tutte le domeniche c’era un tizio che si piazzava poco distante dalla chiesa per suonare l’organetto, le cui note riecheggiavano fin dentro la chiesa. Maledetto quell’organetto tric e trac, tric e trac… imitando con queste due parole il movimento del suonatore che apriva e chiudeva lo strumento. Pochissimi erano quelli che preferivano il suono dell’organo della chiesa anziché quello dell’organetto. Qualcuno addirittura azzardava il saltarello. Anche questi sarebbero finiti tutti… “Llagghjó, all’Inferno!”
“Llagghjó, all’Inferno!” 3
Qualcuno andava a fare i suoi bisogni, per fortuna solo, liquidi, dietro la chiesa. Lo spettacolo e l’odore non erano certo esaltanti. Non potevano essere le donne le artefici di questo comportamento, esempio d’inciviltà e di miscredenza, dato che normalmente esse si accucciano e, magari, fanno anche la “pescolletta”. Gli uomini invece procedono stando dritti, facendo dei segni sul muro (linee, cerchi, ghirigori), forse non per deliberato sfregio nei confronti della Chiesa ma per semplice stupidità. Nella casa del Signore! Vergogna! Tutti da scomunicare! e questo per la pigrizia di non usufruire dei bagni pubblici, distanti 50 metri. Anche loro..: “Llagghjó, all’Inferno!”