di Matteo Ricucci
“Katia, non ce la faccio più! Ti prego usciamo, sono ter-rorizzata all’idea che possa…”. Disse alzandosi di scatto e uscendo in fretta dal locale. Katia la seguì pazientemente e, quando furono fuori, la strattonò per un braccio: “Calmati Angela, ti prego non far così, perché potresti correre il rischio di provocare ciò che non vorresti. Bada che io sono qui anche per riferire sul tuo comportamento: non mettermi nella situazione antipatica di doverti nuocere”. Camminavano lentamente, a caso, per vie deserte. La ragazza si calmò. Alle sette di sera in punto si presentò nello studio del padre. “Ciao, Papà”. – “Angela, come mai questa sorpresa?” chiese meravigliato il padre. “Papà al cinema Flora danno un bel film che mi piacerebbe tanto vedere”. – “Vacci, vuoi del denaro?” – “No, no, il denaro non mi serve”. – “Allora qual è il problema?” – “Vorrei vederlo con te”. “Bambina mia, ma io ho molto da fare, stasera”. – “Quand’è che non hai da fare, se sono io a chiederti qualcosa?” – “Non ricominciamo con la ge-losia. E’ che alle dieci ho promesso d’accompagnare Beatrice a una partita di canasta”. – “Se ci andiamo subito, per le dieci sarai libero di onorare il tuo impegno”. “Benedetta ragazza, perché vuoi che ti accompagni io, non sei adulta abbastanza da andarci da sola a cinema?” – “Papà c’è sempre qualche cretino che dà fastidio”. – “Già! Aspetta che vado di là a dare disposizioni alla segreteria”. Entrò in un altro locale, chiudendosi la porta alle spalle. Angela tirò fuori dalla borsa la bomba e la infilò velocemente dietro i dorati dorsi dei libri di legge che, allineati nella capace libreria di autentico stile settecentosco, facevano bella mostra di sé. Il padre ritornò e, infilatosi il soprabito,disse alla figlia: “Andiamo, mia regina, quest’umile servo è al vostro servizio!” Facendole un inchino comico e un largo saluto con il cappello. Angela non rise, com’era suo solito, alle manifestazioni istrionesche del padre, ma lo prese affettuosamente sottobraccio e uscirono dall’ufficio. Strada facendo il padre guardando la figlia, aggiunse: “Sai che ti trovo cambiata? Sei più matura, più donna, come dire più riflessiva”. – “E’ già tanto che tu ti accorga di qualcosa che mi riguarda”. Rispose un po’ risentita lei. “Lo so che non hai mai approvato il mio secondo matrimonio, ma vedi, e te l’ho già detto altre volte, a 50 anni un uomo è ancora abbastanza giovane per non intristire in una vedovanza prematura. D’altra parte non mi puoi nemmeno rimproverare d’aver mai mancato di rispetto e di premure verso tua madre per tutto l’arco della sua vita”. – “Papà, ti prego, non ricominciare con lo stesso ritornello, io non ho nulla contro il tuo matrimonio, ce l’ho con chi hai sposato”. – “Beatrice ti vuole tanto bene!” – “Sono io che non gliene voglio, papà! Non hai mai pensato che una matrigna che ha, su per giù, la mia stessa età, potesse darmi fastidio? Lei per me è una piovra dai mille tentacoli, che ti avvinghia tanto strettamente da tenerti lontano da tutto e da tutti, compresa la sottoscritta. Dimmi
sinceramente quante volte come stasera sei uscito da solo, con me, da quando ti sei sposato?” – “Su questo hai ragione, ma la colpa non è sola di Beatrice, ma anche del lavoro che faccio. A volte mi viene la tentazione di piantare tutto!” – “Sei abbastanza ricco, perché non lo fai?” – “La ricchezza nei nostri tempi è un fatto relativo: i capitali che possiedi oggi non bastano più a garantirti un futuro tanto lontano. Devi lavorare fino a tarda età se vorrai contare su di una buona pensione”. – “Papà in Italia, c’è ancora tanta gente che muore di fame!” – “Può darsi, ma sono sempre molto meno di 50 an-ni fa. Ho il dubbio che tu mi porti a vedere questo film per impartirmi una lezione di politica progressista”. – “Me ne guarderei bene, visti i tuoi trascorsi”. Rispose lei con ironia. Il padre ammutolì: quella frecciata era nuova, anzi nuovissima per lui. Mai la figlia aveva criticato il suo passato di repubblichino di Salò. Pensò alle sue frequentazioni con gli ambienti studenteschi, quasi tutti di sinistra, quei collettivi tanto di moda e che tanto danno stavano provocando a tutta la nazione e concluse che anche lei ne fosse rimasta contagiata. Si rimproverò ugualmente perché i figli abbandonati a se stessi, molto spesso sono preda di mestatori politici e non solo di quelli. Non fiatò perché aveva capito che l’umore della figlia non era dei più sereni e imputò il tutto alla sua antipatia per la matrigna.
continua