Quel viaggio da Trieste alla Sicilia (seconda parte)

A cura di Fulvia Foti

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Le gambe mi dolevano e non potevo spostarle. Il foruncolo si faceva sentire… doloravo tutta! Ricominciarono le invettive contro Mattei e la sua funebre impresa: comprendemmo tutti di essere stati truffati e lesi nei nostri diritti; ci mettemmo d’accordo per esporre una denuncia a suo carico appena giunti a destinazione. A Foggia si fermava solo un signore non troppo loquace. Altri andavano a Bari, altri scendevano prima. Una signora doveva scendere a Rimini ma l’autista l’aveva dimenticato: come avvertirlo? Incominciammo a urlare tutti assieme, a battere, a fischiare! niente!E quella poveretta piangeva perché vedeva allontanarsi il suo paese; per fortuna passammo accanto a un posto di blocco e urlammo di fermare; il carabiniere, intelligente, comprese subito e sparò un colpo di moschetto che mi spaurì. Di colpo il mezzo si fermò e, dopo recriminazioni e proteste per il balordo servizio, la poveretta scese e si fece qualche chilometro a piedi. L’autista chiese se volessimo proseguire e tutti urlarono di sì, fino a Riccione dove ci saremmo fermati per cenare. Invece dopo un’ora di viaggio l’autista si fermò in un luogo solitario dove c’erano soltanto due case, certamente noto a lui e di suo interesse. Ci disse che il viaggio diventava pericoloso: brigantaggio. Ci consigliava di scendere lì e che ci avrebbe trovato anche un fienile dove riposare tutti! Altre urla di protesta. Ci fu chi cominciò a subdorare un sabotaggio: forse ci avrebbero aggredito… forse lui era d’accordo con dei briganti che di notte ci avrebbero svaligiato… chissà! Tutti d’accordo protestammo di voler proseguire per Riccione, ci fu uno scambio di forti invettive e due viaggiatori scesero e si… cazzottarono con l’autista. Momento animatissimo tra l’ansia di tutti, si temeva che mettendo fuori combattimento l’autista non si sarebbe potuto proseguire il viaggio, per quanto ci fosse il secondo autista. Dopo una reciproca scarica di pugni i galletti si calmarono e il viaggio riprese con un po’ di batticuore. Un signore cercava di rianimare gli animi depressi con la rosea prospettiva che a Riccione avremmo trovato delle saporite tagliatelle fatte in casa. Alle 11 di sera giungemmo a Riccione con le gambe indolenzite e scendemmo a un ristorante; il nostro gruppo sempre unito e concorde; prendemmo una tazza di buon brodo, un bel piatto di tagliatelle all’uovo, salsicce, insalata e vino; io pagai per noi due solo 350 lire. Dopo cena (si era fatta già l’una) incominciò un terribile battibecco fra l’autista e i passeggeri: il primo diceva che tutti i ponti erano crollati causa un forte maltempo e che bisognava passare i fiumi a guado, con l’aiuto di mezzi inglesi, e quindi impossibile farlo di notte. Gli altri dicevano che i patti erano di viaggiare anche di notte… tira e molla infine l’autista disse: “Vi porto a vostro rischio fino ad Ancona e poi pernotterete all’aperto!” Così fece. Proseguimmo il viaggio avventuroso con il batticuore (per i briganti) e verso le 3 di notte giungemmo ad Ancona. Qui scesero alcuni viaggiatori e così i rimasti poterono tutti accomodarsi alla meglio e sedere. Ci avvolgemmo nelle nostre coperte e cercammo di dormire; Fulvia si appoggiò a me e io nel buio mi appoggiai sulla spalla di un signore. Dormimmo con un occhio fino alle 5. Qualcuno incominciò a svegliarsi e a brontolare che era ora di partire. Tutti si svegliarono e formata una commissione si andò a bussare alla porta della cabina: l’autista non voleva sentire, era stanco. Ci fu un altro scambio di… vedute e finalmente il carrozzone, con quel traballante contenuto di spettri, riprese il viaggio. Un altro particolare: a ogni sobbalzo tutta la pila di bagagli e di valige situati in fondo al camion crollava addosso ai passeggeri e bisognava sistemarla. Passammo gli Appennini incappucciati di neve, si fece un passaggio pericoloso e sdrucciolevole dove vedemmo altre macchine capovolte, curve e discese difficili finché giungemmo ai primi ponti crollati. Chi diceva fosse stato il maltempo, chi opera di sabotaggio, chi i carri armati inglesi… insomma mille ipotesi senza arrivare al vero. Il passaggio dei fiumi, moltissimi, fu arduo e difficile, tanto da far ricredere i viaggiatori i quali, concordemente, approvarono che l’autista aveva ragione a non proseguire il viaggio di notte. Così, quando ci fermammo a prendere il caffè, gli uomini offersero all’autista bicchierini in segno di omaggio e di… risarcimento per le botte avute nella nottata! Particolare allegro: mentre si attendeva il traino inglese per guadare un fiume, un viaggiatore colpito da… diarrea scese e quando volle risalire eravamo già sull’altra sponda! E dire che lui era in pantofole! Dovette fare sforzi di equilibrista e passare sui fili del ponte rotto! Intanto io avevo prestato il mio termos a un vecchio signore perché ne bevesse un bicchiere di acqua. Neanche a farlo apposta leva turacciolo e bicchiere e lascia cadere a terra la bottiglia. Un grande fracasso… proteste… ma i cocci furono miei! E nessuno pensò di rimborsarmi. Quei termos furono una spesa cattiva: non mantenevano a lungo il calore. Si proseguì il viaggio con un bel sole che ci rianimava e verso le 3 del pomeriggio si giunse a Pescara.

continua

 

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