di Matteo Ricucci
La meraviglia non fu poca quando entrò nel covo del GLP che si trovava in un vecchio scantinato di via Zara. I militanti erano quasi tutti vecchi compagni del liceo e tutti indistintamente rampolli della buona società borghese della città, mentre del vero ambiente proletario, lì, non esistevano tracce. Per i neofiti più giovani c’erano corsi d’indottrinamento, tenuti personalmente dal compagno Alberto Panizza. Quando Angela lo incontrò e lo vide in piedi dietro al tavolo con i pugni chiusi, appoggiati con forza sopra il piano e negli occhi uno sguardo chiaro e deciso, avvampò per l’emozione. La sua voce decisa, tagliente, trinciò il silenzio che gravava sui presenti, come il bisturi di un chirurgo. “Compagni, questa è la prima e l’ultima volta che vi è concessa la possibilità di ritornare sui vostri passi, dopo non più! Perciò chi ha dubbi e tentennamenti si alzi ed esca da questa stanza: non sarà molestato da alcuno. Ma chi, entrato a conoscenza dei nostri programmi e scopi, avrà voglia di disertare, lo farà a proprio rischio”. Gli occhi dei neofiti erano calamitati dalla sua figura e nessuno fece un minimo gesto o guadagnò l’uscita. “Bene, questo è un chiaro segno della vostra volontà di persistere nella scelta fatta. Mi compiaccio con voi e mi auguro di non dovermene mai pentire. Veniamo ora allo scopo che questo collettivo si prefigge. Sperimentata l’inutilità della lotta studentesca che per l’intero 1968 ha imperversato in tutto il mondo senza però approdare a risultati utili sul piano rivoluzionario, abbiamo deciso di cambiare strategie e finalità. La bandiera rossa è il nostro simbolo, essa rappresenta il sangue versato dai compagni, caduti lottando contro l’oppressione, contro i padroni, contro l’imperialismo e non può quindi e non dev’essere soltanto un ornamento. Noi la innalzeremo per lottare fino alla vittoria e, se sarà necessario, moriremo. Noi non dobbiamo riconoscerci nei partiti della sinistra istituzionale i quali si sono infiacchiti in una sterile opposizione che finora ha fatto soltanto gli interessi della borghesia capitalistica. Noi dobbiamo scendere in guerra per l’affermazione dei nostri principi e per la distruzione di questo mondo corrotto in cui ci rifiutiamo di vivere. Noi dobbiamo rendere effettiva la sovranità del popolo e realizzare al tempo stesso la comunione dei beni e del lavoro e ciò perché la Natura ha concesso a ogni uomo uguale diritto al godimento delle sue risorse. Nostro scopo principale non è soltanto quello di concorrere alla realizzazione di tale postulato, ma anche quello di difenderlo a tutti i costi una volta conquistato; nessuno dovrà dormire sui frutti della nostra vittoria. Noi vinceremo, ve lo pro-metto, anche se i malvagi, che non abbandoneranno mai il loro sporco proposito di sbarrarci la strada per il raggiungimento dell’uguaglianza, non deporranno mai le loro armi. Ricordatevi che la maggior causa d’ingiustizia è l’oppressione e oppresso è colui il quale è costretto ad ammazzarsi di fatica, soffrendo la fame, mentre i padroni navigano nell’abbondanza, senza far nulla. La proprietà è un crimine, perché chi più ha, ha certamente frodato il proprio simile: in una vera Società giusta non devono esserci né ricchi, né poveri. V’invito a riflettere a quanto può ammontare la ricchezza di alcuni individui i quali, per il riscatto di un proprio congiunto rapito, sborsano tranquillamente miliardi senza batter ciglia e senza mai che qualcuno di loro, a causa di ciò, abbia mai dichiarato fallimento; a guardare poi la loro denuncia delle tasse, ci fanno venire il desiderio di fare una colletta per tirarli fuori dall’indigenza!” Gli astanti applaudirono calorosamente e risero di cuore all’idea della colletta. Angela era rapita per quel suo parlare sicuro, per quel suo avvincere gli ascoltatori, per quel suo vincere le riserve dei titubanti; pensava che se egli avesse scelto una militanza politica legale avrebbe potuto fare una brillante carriera parlamentare. Alberto, con un gesto imperioso, impose il silenzio e di nuovo l’uditorio si dispose ad ascoltarlo con attenzione. “La rivoluzione, questa nostra rivoluzione, dovrà eliminare la disuguaglianza, distruggere i parassiti della società e restaurare la vera giustizia e il reale benessere comune. Quindi sarete sottoposti a un addestramento militare severo, imparerete a conoscere ogni tipo di arma, d’esplosivo, di tecniche di difesa e d’offesa. Dovrete diventare dei combattenti, pronti a tutto osare e tutto sopportare”. Mentre parlava, Alberto valutava il comportamento di Angela e ne vagliava il suo interessamento e il suo stato di vigilanza. L’aveva accettata nel suo gruppo per accontentare Katia che ci teneva ad averla con sé e anche perché lei si faceva garante della serietà del suo impegno politico. Però, in verità, a quella serietà d’impegno egli ci credeva poco e, per non aver sorprese in futuro, aveva deciso di sottoporla ad un test terribile.
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