Mario Coriolano e le storie (in)tese

di Umberto

 pioraco

 

Mario Coriolano da Pioraco è ironico e dotato di un sottile umorismo. Mi racconta alcune storie, storie vere.

 

Di quale parto morì?

Si parlava di vari argomenti. Venne fuori il nome di una signora morta alcuni anni prima. La persona con cui stavo conversando disse: “Me la ricordo la pòra Laura, essa morì di parto ma adesso mi sfugge se del primo o del secondo figlio”.

 

Botte ai soldi

C’era una famiglia con parecchi figli. Il padre, disoccupato, doveva arrangiarsi con i lavori più strani per tirare avanti. Dopo tanti stenti fu assunto in cartiera. Si racconta che quando prese il primo stipendio mise tutti i soldi sopra al tavolo, poi, preso un bastone, cominciò a picchiarli dicendo: “Ma dove siete stati fino adesso che mi avete fatto sputare sangue?”

 

Fagiolini alla Marconi

Una coppia di Pioraco, andata al ristorante, dopo aver ordinato il primo e il secondo, all’atto di ordinare il contorno chiese al cameriere di portare i fagiolini alla Marconi. Il cameriere corse subito in cucina chiedendo al cuoco il contorno richiesto. Il cuoco disse al cameriere di tornare al tavolo per sapere come dovessero essere questi fagiolini. La risposta fu: “Senza fili!”

 

La catena sott’acqua

Quando ero piccolo ci si divertiva facendo una gara che consisteva nell’avvicinarsi in bicicletta il più possibile all’acqua del fiume. Un nostro amico finì sott’acqua. Era parecchio che stava sotto, cominciammo a preoccuparci. Lui riemerse, riprese fiato e ritornò sott’acqua, che era parecchio torbida e non consentiva di vedere né lui, né la bici. Quando riemerse, mezzo cianotico, gli chiedemmo: “Ma che stavi facendo là sotto? “ – “Mi si era cacciata la catena!”

 

Lu maramòscio

C’era una processione, quella del patrono. Il chierichetto che apriva il corteo era un adulto che abitava nella stretta via dove passava la processione. Vide un bambino, suo figlio, affacciato alla finestra del primo piano, che faceva i capricci e piangeva a dirotto. Suo padre allungò le braccia facendo in modo che il crocifisso andasse vicino la finestra e disse: “Se non fai lu vonu te se magna lu maramòscio”. Il bambino si zittì subito ma sparì dalla finestra terrorizzato (maramòscio in dialetto piorachese significa orco).

 

Il suonatore sordo

Un suonatore di corno della banda musicale, sordo come una campana, ogni volta che doveva attaccare chiedeva al vicino: “Hi fatto?” Quello, al momento giusto, gli dava una gomitata per avvertirlo.

 

La fettina

Il figlio lavorava in cartiera e quando faceva il turno di notte la mamma gli faceva portare sempre qualcosa da mangiare. Il tormento per lui era la fettina. L’ultima volta la mamma gliela preparò con aglio e prezzemolo: il figlio non la mangiò e la riportò a casa. Il giorno dopo la mamma aggiunse, sempre alla stessa fettina, pomodoro e origano: stessa fine, riportata a casa. Terzo tentativo: stessa fettina “impanata”! Al che il figlio disse alla fettina: “Bella mia, noi ci conosciamo, vero?”

 

Domà’ me te fumo!

Lui non aveva i soldi e per fare la cartina per le sigarette ritagliava pezzi di giornale. Mentre stava leggendo un titolo “Ragazzo muore finendo con la moto contro una quercia”, c’era un giovane che impennava la moto e faceva pericolose diavolerie. Lui gli disse: “Sta’ ‘ttenti che domà’ me te fumo!”

 

Peppe bèe

Aveva così paura che gli rubassero le pecore che stava sempre con loro, giorno e notte. Lo avevano soprannominato Peppe bèe, anche perché quando parlava intercalava spesso con “bèe”: bèe che fai? bèe ti piace? bèe…

 

Sarìa da ride!

Il padre era a letto malato e il figlio per distrarsi era andato a pesca. Si sentono i rintocchi della campana, rintocchi funebri. Disse: “Sarìa da ride che fosse mortu vabbu!”

 

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