La mostra itinerante è a Macerata,
alla Galleria dell’Accademia di Belle Arti
E’ stata inaugurata ieri alla Gaba.Mc, la galleria dell’Accademia di Belle Arti di Macerata (piazza Vittorio Veneto, 7), la mostra “Leonardo Sinisgalli. Elogio dell’entropia – carte assorbenti 1942-1976”, a cura di Antonello Tolve e Stefania Zuliani. Dopo una prima tappa a Montemurro, negli spazi della Fondazione Leonardo Sinisgalli (22 dicembre 2014 | 31 gennaio 2015), la mostra si è spostata a Macerata, dove sarà visitabile fino al 26 febbraio, per seguire un programma itinerante che si concluderà presso l’Istituto Centrale per la Grafica di Roma e proporre 42 carte assorbenti dense di segni e colore, raccolte in un album del Fondo Sinisgalli acquistato all’asta nel 2003. All’inaugurazione erano presenti, tra gli altri, lo storico e critico dell’arte Giuseppe Appella, gli artisti Nino Ricci e Luigi Ricci, il presidente della Fondazione Sinisgalli, Biagio Russo, il direttore dell’Accademia di Belle Arti, Paola Taddei, il presidente Evio Hermas Ercoli, e molte personalità della cultura maceratese.
«E’ stata una bellissima inaugurazione – commenta la professoressa Taddei – degna del lavoro di un artista-poeta, un Leonardo dei nostri giorni: ingegnere, scrittore, pittore, illustratore. Una straordinaria personalità poliforme che torna a Macerata dopo essere stato già protagonista di una mostra, curata da Giuseppe Appella, alla fine degli anni Ottanta a Palazzo Buonaccorsi. Stavolta è ospite della nostra galleria, che intende diventare un fulcro dell’arte contemporanea in città e in regione, biglietto da visita di un’Accademia che vuole essere sempre più un punto di riferimento nazionale».
«C’è un’arte che accoglie e un’arte che esclude»: così Leonardo Sinisgalli aveva annotato nelle pagine inquiete di “Horror vacui” (1945) e l’arte che il poeta ha intessuto in queste rare carte colorate, realizzate con furia e pazienza nell’arco di oltre trent’anni, è, non c’è dubbio, un’arte che accoglie le occasioni del tempo, momenti di vissuto, tracce di inchiostro e, come pure accadeva nei fogli, disegnati e dipinti, da Montale, residui, volubili, di materiale organico. Accoglie e mostra, soprattutto, il corpo a corpo di un poeta con la scrittura, lo spessore di una memoria che dimentica, che si riversa sulla superficie per resistere alle intemperie del contingente, del fuggitivo. Per scongiurare la «rapace entropia cosmica», di cui queste opere di barocca geometria sono il paradossale elogio. Sono, infatti, superfici profonde, carte assorbenti, appunto, che accolgono e trasformano la storia, ordinaria e straordinaria, di un uomo e di un poeta, che disegnano il fluire del tempo e costruiscono via via una trama, fitta o diradata, di segni, immagini e parole, calligrafie e scarabocchi che il colore complica, accende di misurata passione.