PORTA CONVITTO

Tratto da Macerata tra storia e storie

di Fernando Pallocchini

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Chiamata in origine Porta di Santa Maria Maddalena, per la vicinanza della chiesetta omonima, ancora oggi esistente e detta di San Barnaba, nel tempo è stata affettuosamente indicata dai maceratesi come Porta Montana anche se, nel tardo ‘800, quando negli edifici di fronte fu sistemato il Convitto Provinciale (poi Nazionale) assunse il nome di Porta Convitto. porta-convitto-3Risale all’anno 1367 e con il nome di “Torre de lucelaluna” fu costruita, come tutta la ora obliterata cinta muraria, per ordine del Cardinale Albornoz e progettata dal ben noto Ugolino da Montemarte. Accanto a essa, guardando a est, dopo il 1440 sorse la fortificazione quattrocentesca caratterizzata da torrioni a pianta rettangolare. Dalla parte verso ovest, invece, il Resse edificò un buon tratto di mura con torrioni a base pentagonale mentre a fianco della porta venne eretto un altro torrione a base circolare chiamato, allora, “Torrione delle polveri”. Questo fortilizio fu demolito nel primo decennio dell’800. Restaurata nel 1905 fu gratificata di una corona merlata “alla guelfa” mentre, in origine, questa era “alla ghibellina”. Per tutto il ‘700 fino alla metà dell’800 Porta Convitto ha goduto di un macabro privilegio, davvero non invidiabile. Di quei tempi, per i crimini più efferati, vigeva la pena di morte che, generalmente, veniva eseguita dal boia di turno in quella che oggi è la civilissima piazza Mazzini, fin dal 1150 e anche allora, luogo porta-convitto-2d’incontro per il mercato. Poi era ritenuto necessario, a mo’ di monito e come mezzo di prevenzione affinché ad altri non venisse pensato di comportarsi come il giustiziato, di esporre la testa del disgraziato reo decapitato da qualche parte. Venne scelta per questo macabro scopo la finestrella che sta sul torrione di Porta Convitto. Una esposizione comunque discreta perché questa entrata per la città non era una di quelle maggiormente frequentate.

continua

 

foto di Cinzia Zanconi

 

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