di Raffaella D’Adderio
La recessione è come un diabolico congegno che da una parte fa ristagnare i liquidi e dall’altra abbassa i livelli. L’unico movimento in progressione previsto è l’allungamento, quello per l’età pensionabile (69 anni). Così in Italia rimarrà solo gente piuttosto agé, scarsamente dotata o priva della possibilità di rendere esperibili le proprie capacità o troppo povera e senza mezzi per mettere a frutto il proprio ingegno. La recessione è una macchina del tempo che fa viaggiare all’indietro, una forbice che ritaglia e degrada. Figlia della recessione è la subcultura che ha generato un livellamento a stadi sempre più bassi di conoscenza. L’arma più potente del processo regressivo è la produzione di abbondante “carne da macello” mascherata da parificazione. Se si aguzza la vista, si scopre che hanno un anelito di vita solo uguaglianze preconfezionate, tanto inutili quanto mediatiche. Solo per fare gli esempi più banali e apparentemente più innocui: l’osceno taglio di capelli alla El Shaarawy, i tatuaggi da esibire sui social, la revisione settimanale total look “solarium-estetista-coiffeur” per ambo i sessi. Più che di parità si dovrebbe parlare di appiattimento sociale e culturale, di soglia di povertà e ignoranza su cui è stata tarata l’esistenza di gran parte dello stivale. Il popolo italiano è come una torta che da golosa e a più strati è diventata una crêpe che consente la sopravvivenza allo strato superiore, terreno dei privilegiati di lusso, ma lascia al suo interno un succulento ma molliccio ripieno (marmellata o cioccolata spalmabile) da mangiare in un sol boccone. Lo strato inferiore è pressoché inesistente e divorato insieme con quello sovrastante. Ecco che inneggiare al “tutti uguali” e far credere che sia così è cosa assai preoccupante. Si alimentano false illusioni che soddisfano in maniera fittizia il senso di rivalsa che tanto ci assilla, ma si diffonde l’omologazione come fosse una malattia contagiosa, senza correre il rischio che qualcuno abbia il tempo di sognare e immaginare con la propria testa. Il tutto confluisce nella perdita del senso della realtà, per cui è cosa estremamente facile rendere credibile l’asino che vola mentre altri si impossessano della tua vera vita.