di Alfonso Leopardi
Evviva san Crepanzio,
gran stommico sicuro,
gran santo del fòturo
e nostro protettor!
A cena ed a berenda,
a colazion, a pranzo
diciam: “Lode a Crepanzo,
al nostro protettor!”
Il viso a luna piènna
portò, con barballiònne,
e rosso peporònne,
il nostro protettor.
Nel ventre iffiggiava
un grobo alibostattico.
A tutti fu simpattico
il nostro protettor.
Li piacque il bon mangiare,
li piacque la trincata,
li piacque la… scialata
al nostro protettor.
Galine e galinacci,
polastri e poi capponi
furono i gran bocconi
del nostro protettor.
E amava la vitella,
il manzo, il bue, il caprètto
e il caro malialètto
il nostro protettor.
Ma per la zupp’inclèse,
per li niocchi di latto
ci si facèva gatto
il nostro protettor.
Pasticcio e crostatinna,
croccante e zaballiònne…
la vèra passiònne
del nostro protettor.
Il vino crudo o còtto,
che fosse rosso o biango,
mai lo facèva stango
il nostro protettor.
Mistrà, rosòglio, racche
succiavali dal truffo,
non erane mai stuffo
il nostro protettor.
Fumò toscanni e pippe,
fumò li sigheretti,
cavur, sella minchetti
il nostro protettor.
Quando sedeva a tavola
per far l’alto lavoro,
soffiava come un toro
il nostro protettor.
Di poi nell’incasato
s’udìa bombardamènto:
era lo sgonfiamento
del nostro protettor.
Dal sonno digestivo
passava in portantina
a qualche comarina
il nostro protettor.
E, fosse bella o brutta,
senza verun divario,
dicévaci il rosario
il nostro protettor.
Lunga, così, la vita
li scivolò tranquilla,
sicòme allegra anguilla,
al nostro protettor.
Ma un giorno dopo il pasto,
in un soavve pèto
rèse lo spirto quièto
il nostro protettor.
Ed or ne’ stipi ettèrei,
presso Armolao sta còrco,
qual sotto-vice-porco,
il nostro protettor.
Dunque viva Crepanzio,
gran stommico sicuro,
gran santo del fòturo
e nostro protettor.
A cèna ed a bèrenda,
a colaziòn, a pranzo,
diciam: “Lode a Crepanzo,
al nostro protettor!”