Notizie vere, curiose e divertenti

Tratte da“Dicerie popolari marchigiane”

di Claudio Principi

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Il prestito

Un dialogo, colto al volo, tra due artigiani. “Tu che ssì ‘n amicu, che mme le ‘mpristiristi cèndo lire!” (Tu che sei un amico, me le presteresti cento lire?) – “Io te le ‘mpristirìo scì; ma a rrescòte li gorbi no’ mme piace!” (Io te le presterei sì; ma riscuotere gli accidenti non mi piace!) – “Come sarìa a ddì’? De che gorbi parli, io te daco casannomai li rengraziaméndi tandi…” (Come sarbbe a dire? Di che accidenti parli, io ti do casomai tanti ringraziamenti…) – “Li rengraziaméndi me li dai sùbboto, e dde certo; ma dopo, quanno se tratterà de rdàmmele le cèndo lire, so’ ssicuru che derèto a ‘gni lira, spèce se stai scòmmudu, me manni un gorbu derèto ‘n atru”. (I ringraziamenti me li dai subito, e di certo; ma dopo, quando si tratterà di ridarmele le cento lire, sono sicuro che dietro a ogni lira, specie se starai in difficoltà, mi manderai un accidente dietro un altro!) – “Quesso non zarà mmai!” (Codesto non sarà mai!) – “Non zarà mmai, perché io le cèndo lire non te le ‘mbresto, e ccuscì, d’amore e d’accordu, e amici come pprima” (Non sarà mai, perché io le cento lire non te le presto, e così, d’amore e d’accordo e amici come prima).

 

Aiuto non richiesto

Ascè lu Pesciarolu (Ascenzio il pescivendolo) girava per le vie si Montolmo con il suo carretto lanciando ogni tanto l’usuale grido di richiamo: “Péscio, péscio vivo! – e, dopo una pausa – Vivo, vivo lo péscio!” (Pesce, pesce vivo – vivo, vivo il pesce). Un ragazzotto prese a rifargli il verso e, subi-to dopo il grido di Ascè, lanciava parodisticamente il medesimo grido, evidentemente per burla. Ascè, senza minimamente alterarsi, dopo un po’ di volte che la cosa si ripeteva, fece al ragazzo: “Oh, e che me judi? Jùdeme pure, ma io non te pago!” (Oh, che mi aiuti? Aiutami pure ma io non ti pago!).

 

La Via Crucis

Un noto bevitore montolmese, venuta la Pasqua, volle far contenta la moglie e prese la Santa Comunione. Ma la moglie, pur essendosi mostrata soddisfatta, lo invitò anche a fare le prescritte devozioni della Via Crucis e il nostro uomo, la sera stessa, si portò nella chiesa per dire le sue preghiere a ogni Stazione. Però, prima fece un salto all’osteria e lì se ‘ntortò (si rimpinzò) di vino, sbevazzando insieme con i soliti amici. Mentre nella chiesa, nello stato in cui lo potete immaginare, faceva il suo percorso devozionale, una donna, che ben lo conosceva, gli fece osservare, tra il divertito e lo scandalizzato: “Varda, coccu, che tu stai facènno la Via Crùcisse a lo rovescio: si cumingiato da ll’ùtuma, de stazzio’, che ffai?” (Guarda, cocco, che tu stai facendo la Via Crucis al contrario: ha cominciato dall’ultima di stazione, che fai?). Il beone, arrivato a questo punto, dopo essersi dato una manata in fronte, in un lampo di lucidità così rispose alla donna: “Appòsta più gghjavo avandi e più Gghjisucristu statìa mèjo e sse facìa più bbéllu!” (Apposta più andavo avanti e più Gesù Cristo stava meglio e si faceva più bello!).

 

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