Macerata piazza della Libertà: all’arme!

di Fernando Pallocchini

 catene-in-piazza

Lo guardiano, che stava nella terra, cominciò a chiamare le guardie; udendo lo rumore, chiamò lo cancelliere e li priori, dicendo che alla porta di San Salvadore si gridava all’arme, all’arme. E li priori dicevano: odi mo che che dice. E lo guardiano dice: Elli gridano che la gente è dentro. Li priori rispondono e dicono: Suona, campanaro, suona campanaro, all’arme; che sie impeso (ndr: che tu sia impiccato)! Lo campanaro cominciò a sonare all’arme. Le guardie che erano in piazza, pigliarono l’arme, e vanno alle bocche delle vie della piazza, mettendo le catene (ndr: per sbarrare le vie), gridando all’arme, all’arme. Ogni gente, sentendo la campana, usciva fuori armata, pensando essere assaliti dal conte Luzzo; e venendo in piazza, trovarono le guardie a difendere le catene della piazza: li quali gridando: Chi è là, chi è là?

 

Questo brano è tratto da una novella del Sacchetti, siamo nel ‘300. Per difendere la città e impedire l’assalto della cavalleria nemica il centro è chiuso da pesanti catene che sbarrano l’imbocco delle vie sulla piazza. Oggi nuove catene sono state poste sullo stesso luogo: praticamente siamo tornati indietro di qualche secolo! Volete chiudere la piazza? Bene, ma prima fate un parcheggio a “vero” servizio del centro storico (ve lo chiede tutta la città da decenni ma voi “duri”…) poi, quando starà per essere operativo l’orologio con i suoi personaggi, avrete la scusa migliore e più vera per impedire l’accesso alle auto: fare spazio ai turisti che verranno per l’orologio del ‘500! e con il parcheggio sotto la rampa Zara a servizio di tutti: residenti e visitatori. Operando intempestivamente e ideologicamente avete combinato un casino della madosca scontentando tutti: commercianti, residenti e tutti quei poveracci che pagano 2 euro alla garitta e devono di nuovo pagare, se saranno fortunati a trovare un posto libero, pure lo spazio auto. La notte è fatta per dormire e per sognare… cioè: ma che non ce durmite la notte pe’ fa’ ‘sse arzate d’ingegnu?

 

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