Dov’è finito il rispetto per la vita?

di Lucia Mosca

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Il gesto di un mostro, di un pazzo, o un atto da iscrivere in un fenomeno sociale più ampio? La strage di Motta Visconti ha lasciato tutti sgomenti. Carlo Lissi sembrava a tutti gli effetti un uomo “normale”. Un lavoro normale, una famiglia normale, una vita normale. Nulla che potesse far presagire il crimine bestiale di cui si sarebbe macchiato spinto, tra l’altro, da un movente che ha dell’incredibile. Ed ecco l’orrore: fa l’amore con la moglie, la uccide, poi, senza alcuna pietà, toglie la vita alla figlia di 5 anni e al figlioletto di 20 mesi.Esce a guardare la partita dell’Italia con gli amici come se niente fosse e al rientro lancia l’allarme dopo aver simulato una rapina. Tutto questo per potersi sentire libero di amare la donna di cui si era invaghito, una collega che, peraltro, ha dichiarato di non aver mai ceduto alle sue avance. Non sarebbe stato più semplice e meno doloroso lasciare la moglie e andare avanti per la propria strada? A quanto pare no. Lissi voleva uscire pulito da questa storia, recitare la parte del vedovo inconsolabile e intraprendere così senza macchia la sua nuova vita. Secondo gli psichiatri, alla base del gesto ci sarebbe “l’egoismo dell’uomo e il suo narcisismo imperante”. In poche parole, “se la luce è solo su di sé non si riesce ad accettare alcun no, alcun limite alle proprie esigenze primarie. In questa condizione di esasperato egoismo, una qualunque frustrazione è vissuta come una pesante limitazione del proprio narcisismo abituato a soddisfare, innanzitutto, i propri bisogni”. Si tratterebbe quindi di una psicopatia che non compare improvvisamente ma che si sviluppa e cresce nel corso dei mesi, degli anni, conducendo infine alla totale incapacità di sentire gli altri. Lissi ha dichiarato di aver ucciso in quanto si sarebbe sentito chiuso in una gabbia. Solo pochi giorni prima era stato visto in paese passeggiare con la moglie come una coppia felice. Di certo alla base c’è anche il concetto della famiglia usa e getta, della perdita dei valori, dell’imbarbarimento della nostra società a livello culturale e comportamentale. Ma questo non basta a giustificare il triplice omicidio, consumato con freddezza e ferocia. Lissi era incapace di assumersi le proprie responsabilità. Ha preferito uccidere piuttosto che affrontare una separazione. Uccidere la moglie, accoltellandola alle spalle mentre lei guardava la tv, non deve avergli fatto troppo effetto. I casi di femminicidio sono ormai all’ordine del giorno e la donna in molti casi viene considerata carne da macello. E’ una società, la nostra, in cui manca il rispetto per la vita, per il prossimo, per i valori, che ormai non esistono più. Si corrompe, si imbroglia, si ruba, si uccide con una facilità che non dovrebbe irrompere con la violenza alla quale stiamo assistendo in una società “civile”. L’assenza di sentimenti e di emozioni che contraddistingue gran parte del nostro tessuto sociale, ha spinto Lissi a uccidere e poi ad andare al bar come se tutto fosse normale. Quando poi si viene messi di fronte al fatto compiuto si pensa di risolvere tutto con un bel “ok, l’ho fatto, datemi il massimo della pena”. Diverso il caso di Davide Frigatti che ha scelto tre vittime a caso nel milanese in momenti diversi, da colpire in preda ad un raptus di follia. Ha colpito a caso, senza un movente, non ha un lavoro stabile ed è attualmente in prova presso un’agenzia pubblicitaria. Frigatti rappresenta e incarna in pieno l’equilibrio precario che caratterizza la nostra società. E che in questo caso è sfociato nella violenza più inaudita. Nessun equilibrio lavorativo, né economico, coadiuvato dallo scarso equilibrio riscontrabile a livello più ampio ha portato Frigatti a oltrepassare un limite che dovrebbe essere invalicabile. Ma che lo è sempre meno. A Siena altro dramma familiare: un uomo uccide la moglie, i tre figli e si getta nel vuoto, togliendosi la vita. Ma prima ha telefonato al 113, dando le proprie generalità e affermando di aver ucciso la moglie. Senza equilibrio, senza solidi punti di riferimento, per molti sembra ora più semplice uccidere che affrontare la vita. E, orrore nell’orrore, in certi casi senza pensarci troppo.

 

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