di Fernando Pallocchini
Poco più di mezzo secolo fa per i nostri paesi si aggirava un omino con indosso uno zinalone grigio, un cappello, una trombetta a tracolla, spingendo un carrettino che aveva ai lati una scopa e una pala: era lo scopino. In quel tempo d’immondizia ce n’era poca, appena un po’ di scarti umidi, qualche raro barattolo, non c’era ancora l’obbligo di confezionare ogni cosa e gli acquisti delle famiglie, oggi pressate dalla pubblicità, non erano così convulsi.Lo scopino era un personaggio semplice, conosciuto da tutti, era al servizio della comunità e al suono della sua trombetta le donne uscivano da casa con un secchio rimediato e conferivano i rifiuti. Oggi lo scopino non esiste più, cancellato nel nome, cancellato dalla tecnologia, cancellato nel ruolo di servitore (stipendiato e omaggiato dalle famiglie a Natale con una piccola mancia) è assurto a qualifiche diverse, ha sopra di sé dei capi, questi sì col cappello! Laddove “cappello” sta per simbolo di comando. E come comandano! L’apparato non è più al servizio del cittadino ma si è determinata una situazione inversa: l’utente paga (accidenti quanto paga!), non ode più il richiamo della trombetta ma, come gli insetti, è stato addomesticato a dover distinguere i colori: blu, giallo, marrone… non è più servito ma deve diligentemente lasciare il sacchetto colorato nei giorni stabiliti. Hanno generato una situazione che da semplice è divenuta una complessità. Se sbaglierai dovrai pagare, oltre quello che già dai, un surplus sotto forma di multa. Poi è stata attuata una induzione psicologica per cui se non fai come ti dicono sei uno “sporco” cittadino che già molti additano manzoniamente “all’untore! all’untore!”. Giorni fa ho avuto uno scambio di idee con una mamma, orgogliosa che suo figlio lavi i vasetti dello yogurt per favorire una corretta raccolta differenziata. Non ci siamo. Il bambino deve imparare a non sporcare la sua stanza, la sua casa, la sua città ma non deve svolgere compiti che spettano ad altri, peraltro pagati per svolgere il loro lavoro. Non è il cittadino che deve differenziare (ognuno ha un suo lavoro nella società) ma è “l’operatore ecologico col cappello” (oggi detto A.D.) che si deve organizzare per differenziare senza rompere le scatole (non di cartone) al prossimo. E’ necessario che tutto torni a ruotare intorno al cittadino che, oggi, invece, è diventato una pecora da tosare quotidianamente da parte di “uomini col cappello”!