per la regia di Jacopo Gassmann
e un cast al maschile
Il Lauro Rossi accoglie ancora una volta sul palco una pièce contemporanea. La forza del teatro sta nell’essere un terreno fertile dove i classici mantengono il loro vigore mentre i testi moderni, testimonianza dei tempi che cambiano, trovano accoglienza per diventare grandi opere. Il giovane Jacopo Gassmann non è rimasto immune al richiamo della modernità e a quello di un testo suggestivo, crudo ma di grande poesia, come La Pace Perpetua del drammaturgo Juan Mayorga. Immanuel, John-John, Odìn, Cassius sono i quattro cani dalle sembianze umane protagonisti della pièce. In scena sono sottoposti a test per ottenere la qualifica di cane anti-terrorismo. Siamo in pre-senza di una rosa di attori (cinque in tutto compreso l’unico Uomo) coltivata dalle abili e delicate mani del regista. A chi gli ha mosso la critica di non aver spogliato i personaggi dell’ambiguità, potremmo rispondere che ha camminato su questo testo in punta di piedi, senza forzare alcun aspetto della natura già di per sé ambigua dei cani-uomo, ma con la volontà precisa di lasciarla venir fuori da ogni interpretazione. In qualcuno dei protagonisti prevale più la sanguinarietà animalesca o l’istinto giocherellone, in qualcun altro l’aspetto più umano, per cui ogni performer miscela la parte canina con quella umana a seconda delle caratteristiche che il ruolo impone e mantenendo vivo l’ibrido. La scelta registica d’impatto sta invece nella scenografia claustrofobica: l’ambientazione è una unica cabina in plexiglass all’interno della quale si muovono gli attori. Quello è il loro mondo, il loro ring d’azione, circoscritto, soffocante, non sovrastato da niente altro fuorché dal minimalismo scenico. Tutto ruota intorno ai protagonisti e l’attenzione stessa dello spettatore è catturata dentro quella scatola perché al di fuori non ha alcuna distrazione. In tal senso, Gassmann ha mostrato fedeltà al testo di Mayorga, mantenendo alto il principio del drammaturgo spagnolo per cui a teatro lo spettatore è sovrano ed è l’interazione del pubblico a donare completezza all’opera.
I protagonisti
“Io sono il Labrador, il veterano; sono rimasto mutilato in seguito a una esplosione e sono l’esaminatore degli altri tre cani che vogliono entrare nel corpo speciale antiterrorismo del K7” ci dice l’attore Pippo Cangiano e aggiunge: “Ho lasciato l’Educazione Siberiana per poter interpretare La Pace Perpetua. Gassmann è un regista molto preparato ed è più disposto a farci lavorare rispettando la nostra specificità attoriale che a dirci come muoverci”. L’eclettico Danilo Nigrelli tesse le lodi del testo di Mayorga: “Mi è piacuto molto lavorare sulla drammaturgia di questo testo. La scrittura è fondamentale, tutto parte da essa. Se il testo è valido tutto il resto viene da sé, proprio per questo non penso mai di essere migliore dell’autore”. Nigrelli è Immanuel, il cane filosofo dotato di cuore e intelligenza. E’ l’unico a finire sbranato dagli altri due cani dopo aver preferito un comportamento compassionevole all’aggressività. Il cinico, dal fiuto infallibile è Odìn interpretato da Giampiero Judica. Anche lui, da subito, ha amato la sceneggiatura: “Questo è un testo affascinante, tocca diversi punti drammaturgici tra cui il grottesco ed è esemplare dal punto di vista del pubblico che ne segue l’interpretazione in scena. L’ambiguità è mantenuta per tutto il testo, ma senza creare stereotipi. La scrittura è costruita in modo matematico e non lascia spazio all’improvvisazione, su cui invece si può giocare coi movimenti del corpo. Come attore mi stimolava entrare nel gioco cane/persona e trovare quali aspetti del cane potessero esser portati in evidenza da un punto di vista umano; si tratta di uno studio molto specifico per un attore, non è un’imitazione del cane”. Interpretare un ruolo simile è più una fatica fisica o psicologica? “Implementare i sensi del cane ti obbliga a una concentrazione massima, per cui è necessario un grande sforzo psicologico. A livello fisico posso dire che il corpo è impiegato in modo diverso da quello che ci è più usuale, si fa perno continuamente sulle ginocchia e caviglie restando sugli avampiedi”. Il cane giocherellone e poco astuto è John-John, il più giovane dei quattro. Gli dà sia corpo che voce Davide Lorino: “Sono un incrocio da laboratorio, il più istintivo e il più ingenuo, per questo raggirato dagli altri due. Non vedo l’ora di far vedere cos’ho imparato e di avere un padrone a cui obbedire”. Jacopo Gassmann come lavora con gli attori? “Prima d’iniziare a lavorare sul mio personaggio, ha ascoltato con me molti tipi di musica pieni di suggestioni, tra cui anche rap e rock, questo per darmi la possibilità di entrare meglio nel personaggio. Abbiamo lavorato molto sull’aspetto ludico perché, a parte per il ruolo di John-John, la componente del gioco quando si recita a teatro è importante”. Nella fase finale, l’Uomo (unica presenza non canina) pone il quesito su cosa prevalga in situazioni estreme, se la violenza o il dialogo, e sull’utopia della “pace perpetua” di Kant. A interpretarlo Enzo Curcurù che si mostra entusiasta del testo : “E’ un testo pazzesco che ha una stratificazione di linguaggi diversi. Esci cambiato da un lavoro fatto su una scrittura così e poi arriva trasversalmente a tutto il pubblico. Quando il teatro riesce a fare questo, ha qualcosa di prodigioso”.
Raffaella D’Adderio