di Lucia Mosca
No alle quote rosa. Ed è bufera. L’aula di Montecitorio ha approvato l’emendamento che rappresenta il “cuore” dell’Italicum e contiene i “pilastri” del patto siglato tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Ovvero, le soglie di sbarramento, il premio di maggioranza, i criteri e gli algoritmi necessari alla ripartizione dei seggi. La votazione (come quella sulle quote rosa) si è tenuta a scrutinio segreto. Bocciati sia il primo emendamento sulla parità di genere, a firma di Roberta Agostini, che prevedeva l’alternanza di genere nella composizione delle liste, sia il secondo, relativo all’alternanza dei capilista. E sulle quote rosa si è immediatamente aperto un dibattito non privo di toni aspri. Ma le donne ne hanno davvero bisogno? In una società evoluta e proiettata costantemente al futuro com’è la nostra, può apparire singolare che le donne debbano appellarsi alle “quo-te rosa” per ottenere una loro presenza, peraltro legittima, nei ruoli strategici della politica e dell’economia. Probabilmente il fine è giusto, ma il mezzo no. L’impossibilità, tutta italiana, di far entrare di diritto le donne nella politica e nelle istituzioni senza ricorrere a quote rosa nelle liste elettorali è senza dubbio dovuta a retaggi culturali. E finisce sempre così: la politica cerca di risolvere un problema culturale con strumenti normativi. Questo con risultati spesso controproducenti, in quanto le donne elette dovranno superare il sospetto che siano lì non per la loro competenza, ma per obbligo di legge. Lo stop del ramo parlamentare ha di fatto cancellato quel percorso “protetto” che permetteva al mondo femminile di essere “di diritto” paritetico con il corrispettivo maschile. Ma è davvero questa l’idea di pari opportunità che inseguiamo? Ci sono donne geniali, intelligenti, creative. Come anche donne completamente prive di qualità. In realtà si dovrebbe superare questo ostacolo ricorrendo in maniera reale e concreta al concetto di meritocrazia. Dovrebbe essere inserito in lista chi è davvero capace. Che sia uomo o donna. Purtroppo in Italia, Repubblica fondata sulla casta, la politica ha inquinato anche il genere femminile. Con risultati a volte devastanti. Di certo abbiamo qualche ingranaggio che non funziona se in altre parti del mondo una donna ricopre, senza imposizioni, cariche di cancelleria o di primo ministro o concorre per le primarie alla Casa Bianca. Ed è proprio per questo che appellarsi alle quote rosa per molte è un fatto imprescindibile, che negherebbe altrimenti anche la possibilità di correre per essere elette. Tuttavia la soluzione vera dovrebbe risiedere in politiche a lungo termine per scardinare i pregiudizi e promuovere la competitività vera. L’uguaglianza potrà essere raggiunta solamente attraverso la competenza. Il problema non è nella legislazione, ma è nei comportamenti e nelle mentalità.