Cominciamo a difenderci dalla Germania
Lettera aperta allo scienziato che ha “verosimilmente” ritrovato lo scheletro di Carlo Magno.
Pregiatissimo dott. Frank Rühli, radiologo…
Mi sento in dovere, dopo qualche anno di ricerche sull’architettura e sulla storia della cultura del Piceno Salico, oggi le Marche, di scriverLe questa mia per chiederLe alcune precisazioni. L’intervista che Lei fornisce, con perfetto tempismo, al notiziario online “The Local” (in lingua inglese di notizie Tedesche) e che ho letto nell’articolo apparso su Foxnews.com/science/2014/02/04, ha per titolo “German scientists say “great likelyhood” they’ve found Charlemagne’s bones” che tradotto suona “Scienziati Germanici dicono [con] “grande probabilità” [che] essi hanno trovato le ossa di Carlomagno”. Ho accennato al perfetto tempismo perché questa notizia segue di qualche giorno l’inaugurazione della lapide a San Claudio di Corridonia posta sul luogo che, secondo il prof. don Giovanni Carnevale, custodisce in una cavità sotterranea, appunto il corpo del grande imperatore Salico. Chi segue la questione della Francia Salica nel Piceno, oggi le Marche (lo ripeto per chiarezza), sa che gli esiti delle mie ricerche, ancora in corso, partendo dalla portante degli studi di don Carnevale la confermano, ma hanno esiti differenti sull’architettura, i contributi culturali e gli scenari ambientali della presenza della etnia Salica (poi detta Franca) nella regione marchigiana. Anch’io però, sostengo la necessità di rivedere la storia altomedioevale per restituire al Piceno storico quel posto di protagonista nella conservazione dell’eredità culturale dell’evo antico che fu preludio della rinascita culturale europea. Nel mio primo articolo sulla questione, esordii accostando il nome di don Carnevale a quelli di Schliemann, Carter, Woolley, un grande fra i grandi della ricerca storica. Senza il suo corretto e coraggioso accostamento di un documento notarile contenente la notazione “in plano de ara Grani” al martirologio di San Marone nel temenos del tempio al dio Granno in val di Chienti (dove sgorgava una terma sulfurea) ovvero Aquis Granni, di questa divinità celtica, esistono tracce epigrafiche solo nell’Italia settentrionale, non esportabili tout court in un solo sito transalpino, senza alcun supporto documentale (non ditemi i Romani, non era un loro dio). Purtroppo per partito preso di chi l’ha interiorizzata a scuola e ora la insegna, la storia vera sarebbe solo e sempre quella “germanizzata” opinata dai filologi e storici tedeschi dell’800, che volevano per la ragion di stato un imperatore tutto e solo germanico anche se per verifiche logistiche, linguistiche, ambientali, questo assioma non regge più. Chi segue i miei pezzi su La Rucola o ha letto il mio Cancellati dalla storia, conosce il mio punto di vista. A distanza di 12 secoli precisi dai fatti e di più di un secolo dalle ragioni politiche di Bismarck per condizionare la storia, oggi che quelle ragioni sono ampiamente tramontate e abbiamo davvero bisogno dell’Europa delle etnie che realizzò Carlo, grande, poi magno imperatore Salico, occorrerebbe un confronto senza apriorismi e con molta “franca” correttezza su quanto si comunica al grande pubblico nelle sconfinate praterie del web. Per questa correttezza nei processi deduttivi sulle fonti materiali e documentali, ho più volte sottolineato a esempio che i vocaboli che compaiono nelle trascrizioni delle fonti, devono essere letti nel loro significato più originale e non sostituiti da altri affini al contesto ma non uguali, per eliminare ambiguità e opinioni non dichiarate. Scrissi che frattazzo e cazzuola sono sì attrezzi da muratore, ma da non confondere fra loro così come Basilica, Palazzo e Cappella, che non sono sinonimi intercambiabili fra loro, proprio come non lo è Tumulo con Cripta (vedi il mio saggio “Basilicam quam capellam vocant” ed.Arduino 2013). Veniamo al sodo: La stessa coerenza imporrebbe di spiegare ai non addetti ai lavori l’iter della ricerca sia storica sia radiologica e antropologica sull’argomento che è stata oggetto di 2 Sue comunicazioni, dr. Frank, una del 2010 e una oggi (ringrazio il dr. Luca Ventura che mi fece conoscere la prima). Per i non addetti ai lavori riassumo i tratti salienti che tutti riportano, spesso infiorandoli, sulle traversie dei resti terreni dell’Imperatore. Nel 814, circa, Carlone muore ad Aquisgrana, Eginardo il suo biografo dice che viene tumulato nella basilica che fece costruire a sue spese, dedicata alla Vergine madre di Dio. Verso la fine del X secolo, Ottone III, accompagnato dal conte di Lomello Ottone IV (che scriverà il “report giornalistico” citato fra virgolette nelle Cronache della Novalesa) entra nella basilica, pratica un’apertura nel tumulo che chiama tugurio, robustamente costruito con calce e marmo e vede l’imperatore non sdraiato come di consueto nelle sepolture, ma seduto in cattedra, mummificato e in buono stato di conservazione. Alla metà circa del XII secolo, a più di 3 secoli dalla morte, Federico Barbarossa visita Aquisgrana e dintorni e, per divina ispirazione, trova i resti nascosti dell’imperatore che ricompone nel sarcofago in marmo appartenuto all’imperatore Augusto, traslando il corpo nella Basilica o forse nella Cappella privata del Palazzo di Aquisgrana (non ho ancora collazionato la trascrizione del testo originale e prendo da vari autori compresa wiki). Nel secolo successivo il marchigiano Federico II (Iesino di nascita, Palermitano di residenza) trasferirà i resti nel sarcofago d’oro e d’argento che fa bella mostra di sé nel duomo di Bad Aachen. Insieme con il sarcofago, una teca a forma di braccio custodirebbe un frammento di osso imperiale, forse anche il busto dorato custodisce un frammento del cranio, come dicono le guide. Sulle vicende della “Cappella Palatina” di Aachen e della “cripta” fantasma scriverò in seguito. Oggi sono perlomeno vivamente sorpreso leggendo le due Sue comunicazioni entrambe sull’argomento dello scheletro imperiale, la prima è il “paper” pubblicato in Economics and Human Biology www.elsevier.com/locate/ehb nel 2010, la seconda di pochi giorni fa, e si riferisce a una nota su “The Local” ripresa da Foxnews http://www.foxnews.com/science/2014/02/04/german-scientists-say-great-likelihood-theyve-found-charlemagne-bones/?intcmp=features.
Vengo ai contenuti: l’articolo di 4 anni fa è titolato “Charle-magne was very tall, but non robust” cioè Carlomagno era molto alto ma non robusto. Quello recente titola “Gli scienziati germanici affermano che “con grande probabilità” hanno trovato le ossa di Carlomagno”. Vediamo cosa dicono le due comunicazioni nelle quali è Lei Dr.Frank Rühli Institute of anatomy, University of Zurich, Switzerland, la persona di riferimento per gli studi. Nel 2010 si annuncia che dagli esami radiologici della tibia sinistra di Carlomagno, questi era sì alto, ma gracile. Ritengo utile un breve riassunto del testo che spiega i lavori sulla tibia in questione: è appartenente al tesoro della cattedrale, è stata radiografata e sottoposta a TAC, per ricavare la lunghezza e la sezione centrale. Da questi dati, utilizzando otto differenti metodi di stima, la statura del Carlone, per l’attuale standard europeo sarebbe alta oggi 1,95 mt. Il paper conclude “Although our stature estimation has a range or error, being based on one bone only, it is evident that the phisical appearance of Charlemagne was higly notable for the middle age…” cioè “…Sebbene la nostra stima della statura abbia un campo di tolleranza ovvero di errore, essendo basata su un solo osso, è evidente che l’apparenza fisica di Carlomagno, per il medioevo era considerevole”. Il pezzo attuale di Foxnews riporta la foto del “sarcofago” col mito di Proserpina (a me sembra una vasca per abluzioni come molte a Roma, istoriata col ratto delle sabine). Questo contenitore (che da parecchio tempo è nella cattedrale di Bad Aachen, incompleto di coperchio come da foto di molti anni fa) non si dice ma si lascia intendere a mio avviso, dovrebbe essere il deposito delle ossa. Questo comunissimo reperto tardo romano surroga la fonte (che dovrebbe essere autografa del Barbarossa, ma non ho dati di prima mano) che vuole la ricomposizione dei resti mortali nel sarcofago dell’imperatore Augusto. Questo articolo sottolinea come gli scienziati hanno ponzato per ben 26 anni per giungere alla “verosimile” attribuzione dei resti. Ho due domande in buona sostanza.
LA PRIMA: se, alla data del primo articolo, 4 anni fa, sono già passati 22 anni da quando, secondo Foxnews “The research team secretely opened the sarcophagus believed to contain Charlemagne’s remains in 1988 and have been studying them ever since” cioè …il gruppo di ricerca aprì segretamente il sarcofago che si credeva contenesse i resti di Carlomagno, (perché segretamente? n.d.a) studiandolo fino a oggi, allora mi chiedo e chiedo al Dottor Rühli: perché dopo 22 anni di lavoro, si radiografa e si TACca la sola tibia sinistra proveniente, non già dal mucchio di ossa disponibili, ma bensì “del tesoro della cattedrale” quando si dispone in pratica dell’intera collezione di ossa dell’Imperatore? Per fare una valutazione della corporatura, basta una bella foto ortogonale al piano dell’insieme delle ossa con accanto un righello millimetrato, con tutto lo scheletro a disposizione da ben 22 anni, la determinazione della statura può essere fatta meglio e con un maggior grado di confidenza (statistica) invece di ricorrere a esami radiologici su un solo osso per stabilirne la snellezza ovvero il rapporto fra lunghezza fra i vincoli e la sezione più sollecitata, per valutarne la resistenza alle sollecitazioni meccaniche come accade alla tibia. Con tutte le 90 ossa non è necessario invocare e scomodare percentili e percentuali di errore da diverse metodologie e da amplissima bibliografia perché si ha un solo osso a disposizione. Perdonate l’irriverenza ma fare una TAC per misurare due larghezze di un osso semplice come la tibia è come chiedere a una bella ragazza di spogliarsi tutta per farle provare un paio di guanti.
Concludo sottolineando l’incongruenza, a mio avviso, fra le due comunicazioni sembrerebbe che nel 2010 ci fosse solo la tibia, mentre il suo team stava studiando le ossa, segretamente tolte dal “resting place”, di tutto lo scheletro ma Lei forse non lo sapeva e segnala nel suo saggio che c’è un margine di errore perché dispone di un solo osso.
LA SECONDA: da quale dei due sarcofagi della cattedrale di Bad Aachen è stato segretamente estratto il corpo di Carlo? Sapevamo, ma a questo punto non possiamo più avere certezze ma solo “great likelihood” ovvero probabilità su dove fosse custodito il corpo dopo il ritrovamento del Barbarossa, la storia ufficiale, sulla cui veridicità tutti giurano, dice prima nel marmo poi nell’oro della cattedrale di Bad Aachen (questo è per me il solo nome certo della cittadina germanica) ora compare uno scheletro praticamente intero, 26 anni dopo l’inizio di studi in gran segreto, di provenienza non dichiarata ma sottintesa e pochi giorni dopo l’annuncio (lo voglia il cielo) della presenza dei resti del Carlone in un tratto residuo dei cunicoli perimetrali di San Claudio. Da noi si direbbe “coda di paglia?” Dr. Frank?
PAPER WRAP UP. CHIUSURA E SPIEGAZIONI
Chi mi segue sa che identifico in S. Maria a piè di Chienti (lo dice anche Andrea Bacci nel ‘400) la Basilica fatta edificare da Carlomagno (sulla cappella benedettina del 512 fatta sui resti del tempio tardo romano a Granno ecc.) e dove dice Eginardo l’imperatore fu tumulato. Da molte tracce, ritengo che un sisma abbia fortemente compromesso la struttura della Basilica chientina, fra il 1000 e e il 1050 (quella descritta nel disegno a penna da Ademaro da Castel Potenza nel mio saggio). Ipotizzo che il crollo di mezzo deambulatorio abbia leso il tugurio/tumulo sepolcrale, perciò i resti siano stati ricomposti e nascosti dai benedettini per proteggerli dal bisogno di liberarsene di chi, nel XII sec. possedendole, contestava al Barbarossa la richiesta di restituzione delle proprietà imperiali nel Piceno (G.Marangoni). Se fossimo a Bad Aachen, nel centro indiscusso secondo la storia del potere carolingio e svevo, dover nascondere dai “nemici” la salma di Carlo diventa uno dei tanti controsensi di questa storia ufficiale. Cosa avvenne nel 1165 quando Barbarossa cercò e trovò la salma “per divina ispirazione”, appartiene solo alla leggenda, come anche il sarcofago dell’imperatore Augusto. Qualcuno dice che le leggende hanno sempre un fondo di verità e credo ci possano essere pochi dubbi sul fatto che il sarcofago in marmo bianco dell’altar maggiore della Collegiata di Sant’Elpidio a Mare, sia quello dell’Imperatore Leone Augusto del Sacro Romano Impero d’Oriente per le indubbie somiglianze dei volti sul sarcofago a quello del busto al Louvre. Dicono i competenti che tre indizi possono configurare una prova, noi forse non troveremo mai i resti dell’imperatore che possono essere ovunque nel Piceno (dubito che Barbarossa lo abbia davvero trovato) ma sulla tumulazione in val di Chenti, dove il Carlone mosse i primi passi da bimbo, gli indizi e le persistenze storiche nelle Marche sono così insistenti che non dovrebbero essere ignorate per partito preso, mentre i documenti dai quali si è ricostruita nell’ 800 la storia dei franchi, o sono “andati in fumo” e sostituiti da edizioni critiche oppure hanno due o più trascrizioni differenti fra loro. Prima del computer e della rete era pressoché impossibile fare confronti, oggi che invece è facile basta un poco di buona volontà e un metodo di analisi condiviso. Mi permetto di chiosare sulla struttura fisica del Carlone: i suoi contemporanei lo dicono “ben messo”, prima che grande e magno, ma il radiologo svizzero e i suoi assistenti lo definiscono gracile perché la tibia lo dice, corroborando l’assunto anche con una, inutile al caso, distribuzione statistica della snellezza di tibie di maschi medioevali coevi non si sa bene perché selezionati e catalogati (mi sono fatto un’idea birichina a riguardo). Stupisce l’assenza della citazione di una misura di radioattività residua del carbonio o dell’esame del DNA, certamente probanti per la datazione. Eginardo dice che Carlo era un omone alto sette suoi piedi, ma ben proporzionato; non s’intendeva di tibie, ma forse sapeva distinguere un fustone da un gracilino o da un obeso. Perché la descrizione del biografo coevo non è sufficiente ai fini della storia? Quanto può pesare sulla storia d’Europa sapere se Carlo era alto qualche centimetro in più o in meno, piuttosto che saper se era di stirpe Germanica o Celtoligure o perché si esprimeva in latino in tutte le manifestazioni della sua vita anche quotidiana, dalle leggi dell’impero alla poesia, alle raccomandazioni ai suoi contadini, vino cotto a parte? Concludo con rammarico per la mancanza di una completa comunicazione scientifica, a favore di comunicati come questi che se emessi da parte di chi non dovrebbe avere né ora né mai alcun dubbio su come sia andata la storia, usando per la “scoperta” un “great likelyhood” a mio avviso questa espressione sembra una affrettata excusatio non petita.
Medardo Arduino