Montolmo: saccheggi, traditori e tiranni

Un pezzo di storia del territorio maceratese

 Panorama-Montolmo-Durante-Nobil

Il 12 dicembre 1433, Francesco Sforza, dopo un giorno di assedio, irrompe in Montolmo, all’epoca città molto ricca, e la saccheggia brutalmente lasciandola in balia dei suoi avidi e crudeli soldati. Gli sforzeschi, parte salendo con scale, parte rompendo il muro, entrano dall’attuale Porta Romana (Portarella), la quale era preceduta da un’antiporta con fossato munita di una rampa di accesso in muratura, e quindi, dopo un breve ma terribile scontro, dilagano per la città uccidendo, stuprando, saccheggiando e prendendo ostaggi per il riscatto. Il cardinal guerriero Vitelleschi, governatore pontificio, che si trovava in Montolmo e che aveva approntato la difesa, fugge a Recanati. Lo Sforza era stato aiutato nell’impresa dal nobile montolmese Bongiovanni di Vanni, che in uno dei frequenti cambi di fazione, pensò, pure per vendicarsi di un certo Ser Nicolò di Ludovico che gli aveva fatto uccidere un parente, e non prevedendo il successivo sacco della città, di allearsi con il Conte e propiziare la sua entrata in Montolmo. In cosa consistesse il tradimento non è dato sapere: forse l’apertura della porta, forse una scialba difesa delle mura, forse un mancato allarme dell’attacco… nulla sappiamo al di là della scarna cronaca scritta dal Simonetta segretario dello Sforza, e la città, pur munita e forte, fu conquistata e messa a sacco. Lo stesso papa Eugenio IV, vedendo cadere il Piceno in pochi giorni e forse anche impressionato dalle notizie del saccheggio, ritiene opportuno farsi amico il Conte, nominandolo il 15 dicembre Governatore Generale della Marca. Lo Sforza scriveva: “Dal castel nostro di Fermo a dispetto di Pietro e Paolo”. La tirannia dura quasi ininterrottamente fino al 1445: un periodo buio, pieno di morte, violenze, soprusi, vessazioni, tradimenti e… tasse! Scrive il Lanzi: “La venuta degli Sforzeschi è l’epoca del decadimento della terra, che afflitta allora da molti mali non è mai risorta del tutto”. Un Karma da scontare nei secoli futuri… Il 19 agosto 1444 tra la collina di Piedicolle, il Fiastra e il Chienti, si combatte una cruenta battaglia tra i Pontifici, alleati degli Aragonesi di Napoli, e le truppe dello Sforza. Tra i Papalini, nettamente superiori in forze, circa 5.000 tra cavalieri e fanti, guidati da Francesco Piccinino, figlio del famoso condottiero Niccolò, erano presenti Braccio Baglioni, Cristoforo da Tolentino e Domenico Malatesta. Lo Sforza con solo 3.000 uomini decide di attaccare a sorpresa, ma il Malatesta lo respinge; allora il Conte fa comparire armati di picche servi e ragazzi al seguito delle sue truppe e li pone sopra Piedicolle urlanti feroci grida di guerra. Al che parte dei pontifici che si trovavano ai piedi della collina, credendosi accerchiati si danno a una fuga disordinata. Lo schieramento papalino si rompe e anche il Malatesta, che combatteva valorosamente, è costretto a precipitosa e avventurosa fuga. Per ringraziare Dio del pericolo scampato, nel 1455 fa coniare dal Pisano una pregevole medaglia in bronzo dove si vede in ginocchio con la ricca armatura abbracciare un grande Crocifisso. Peggior sorte avrà il giovane Piccinino che scappando tra le paludi e i canneti dei fiumi, tradito da un certo Colella, viene catturato, maltrattato dal Ciarpellone, condottiere dello Sforza, e rinchiuso nel Girofalco di Fermo in attesa di riscatto per la liberazione. Per la pena della prigionia del figlio, Nicolò Piccinino morirà di crepacuore. Il Ciarpellone pensò bene di vendere poi il Colella ai Pontifici per intascare una ricompensa, e il povero Colella finì ucciso con tremende torture. Il Ciarpellone però, ebbe il contrappasso, e nel novembre successivo finì anche lui ucciso, impiccato e squartato post mortem dallo Sforza che lo riteneva un traditore. Dopo la battaglia, un gran numero di pontifici si rifugia in Montolmo; ma il giorno successivo si arrendono e gli sforzeschi procedono al solito pesante saccheggio della città. Il tempo del Conte Francesco Sforza nelle Marche stava però finendo e l’anno successivo (1445) esse ritornano definitivamente sotto il legato pontificio cardinal Scarampi Mezzarota, il quale non dimentica le tribolazioni dei montolmesi, accordando negli Indulti e Privilegi tributi ridotti al Comune ed esenzione ai preti e a Leone, l’ebreo, medico del Comune.

Modestino Cacciurri

 

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