di Raffaella D’Adderio
Puntiamo la nostra attenzione sui protagonisti dell’ultima ora, ma ci sarebbe una interminabile lista di attori principali e comparse dell’entourage politico da menzionare. Con la deputata Jole Santelli restiamo nel genere Bella Fighejra (personaggio della parodia dei Promessi Sposi) come la sua collega, ormai quasi nel dimenticatoio, Daniela Santanché. Le due spavalde politiche avvezze al botulino hanno in comune, oltre al credo politico, anche il prefisso del cognome: “Sant”. E dire che in odore di santità non crediamo ci sia qualcuno in certi ambienti, ma forse la sillaba di serafico rimando ha più a che fare con l’imprecazione “ Santi Numi!”, evocati a ogni loro passaggio o ai loro soliloqui ispirati alla farsa. Una frase su tutte ha meritato ultimamente l’attenzione della stampa, quella detta dalla Santelli: “I neri? Hanno la fortuna di non doversi truccare come noi. Quindi sono più fortunati”. Passi pure la scusante della strumentalizzazione televisiva, ma il linguaggio di un ministro non dovrebbe elevarsi un po’ dato che è un rappresentante delle Istituzioni? I nostri politici, per esprimere qualsiasi concetto adottano con una certa frequenza uno slang da bar o in uso nelle confidenze tra amiche. Chi riveste un ruolo pubblico e di prestigio non può permettersi di utilizzare espressioni superficiali, ambigue, anche se l’intenzione non è di nuocere. Se, invece, non si possedesse una certa fluidità nella comunicazione perché accettare ruoli di rilievo in politica? Per un tailleurino leopardato da cougar woman? In quanto a vezzi da soddisfare per la biancheria più eccentrica, ne sa qualcosa Roberto Cota che potremmo ribattezzare Lo smemorato della Padania (in onore a Lo smemorato di Collegno di Totò). Il governatore della Regione Piemonte, ora rinviato a giudizio nell’inchiesta Rimborsopoli, ha dimenticato di essere stato contemporaneamente nello stesso giorno e ora a spendere e a spandere soldi pubblici in posti diversi e di aver ceduto all’acquisto di copri pudenda verde-lega, di cui ha imputato l’erroneo addebito sotto la voce “spese per la politica” alla sventurata segretaria. Come è noto, la vanità scorre nel sangue dei governanti e anche il giovane Renzi non ne è immune: occhialoni neri da sole perennemente indossati nelle interviste all’aria aperta (maleducazione?) e chiodo di pelle per le uscite meno ufficiali. Ma il Renzi nazionale, nonostante voglia ostentare un’assoluta modernità, troppo assomiglia al Renzo-Solenghi (dei Promessi Sposi in chiave comica) con autoradio sotto l’ascella e pettinatura e modi ottocenteschi.