di Siriano Evangelisti
Da sempre ogni ricorrenza, accanto alle celebrazioni ufficiali, è accompagnata da studi e ricerche che presentano aspetti inediti del personaggio famoso o dell’evento storico celebrato. A tale immutabile regola non si è sottratto il bicentenario verdiano: la musica del Maestro di Roncole è stata certamente una costante presenza nell’anno appena trascorso (anche se Verdi non ha certamente bisogno di anniversari per essere presente in qualsiasi manifestazione musicale). Insieme con la musica, però, non sono mancate le pubblicazioni, due delle quali riguardano i rapporti, diretti e indiretti, del Maestro con la nostra provincia. “La trovatella di Ferrara” è il titolo del primo volume, da poco presente in libreria, anche se stampato nel 2011, a firma Giovanni e Simone Fermani. Il libro si legge tutto d’un fiato, non perché ha solo 58 pagine, per di più intervallate da numerose illustrazioni, ma per l’interesse che via via conquista il lettore per gli sviluppi della vicenda narrata. E’ una storia, infatti, che ha tutti i caratteri di un dramma dell’800, con una trovatella ferrarese prima affidata a un orfanotrofio cittadino, con un inconfondibile segno di riconoscimento, utile per il successivo ritiro della bambina ormai grandicella da parte di una famiglia del posto, che provvederà alla sua istruzione; con una signora molto nota nel mondo dello spettacolo (la cantante Strepponi), allora compagna di Verdi, che la seguirà da vicino per tutta la vita e che farà anche in modo di farle avere un incontro, da sola, con Verdi. La storia è arricchita da documenti sulla nascita della bambina chiaramente falsificati, da ricordi di famiglia che parlano della presenza continua della Strepponi, da una fotografia della ragazza – che compare nella copertina del libro – opera di uno dei maggiori e più costosi fotografi del tempo, autore fra l’altro di una foto della stessa cantante. La storia prosegue con la figlia della “trovatella” che si sposa con Egisto Fermani di Appignano, dove va a vivere da Ferrara; ha tre figlie, tutte particolarmente dotate per il canto, una delle quali, Luigia, sempre ad Appignano, sposa Alfonso Fermani e ha quattro figli, anche loro con grandi doti musicali, in particolare Simone Fermani, coautore del libro, insegnante al Conservatorio Verdi di Milano e affermato direttore d’orchestra. Pietro Molini e Fabio Sileoni hanno insieme firmato il secondo volume che interessa la provincia maceratese, si tratta di “Pollenza città verdiana delle Marche”, pubblicato a cura dell’Amministrazione comunale sempre in coincidenza del bicentenario. Molti sono i motivi che giustificano l’interesse della città per Verdi, non solo perché il teatro e il corpo bandistico sono intitolati al compositore, mentre un suo busto è presente nella piazza, unico monumento verdiano nelle Marche (e di tutto questo nel volume si trova ampia e ben documentata storia). Occorre ricordare che a Pollenza sono nati due cantanti di opere verdiane: Nicola Benedetti e Antonio Pelagalli-Rossetti; basso profondo il primo, tenore il secondo, entrambi protagonisti applauditi di prime verdiane, molto apprezzati dal Maestro per le loro qualità canore. Approfondite ricerche corredate da una ricca documentazione iconografica narrano la vita dei cantanti e i repertori delle opere interpretate, presentando in tal modo nel volume un interessante spaccato della opera lirica del- l’‘800, della quale furono grandi protagonisti. Infine non si parla solo di Pollenza e dei suoi artisti in un lungo e interessante articolo di Pietro Molini, pubblicato in una rivista del fermano, nel quale viene ripercorsa la presenza marchigiana di Verdi e i vari personaggi che ebbero rapporti con il Maestro. Fra gli altri, è ricordato il dottor Emilio Cesaroni di Camerino, medico personale degli ultimi anni di vita di Verdi e direttore sanitario dell’Ospedale che il Maestro volle realizzare a sue spese nel Comune di Villanova sull’Arda, tuttora in funzione. Per quanto ci riguarda nell’articolo viene descritto Domenico Concordia, lauretano di nascita ma vissuto a Macerata per 40 anni dirigendo una famosa scuola di canto, dalla quale uscirono molti noti cantanti, interpreti di opere verdiane. I due volumi e l’articolo presentati contribuiscono a una migliore conoscenza della vita di Verdi, non solo per quanto attiene alle sue opere e agli interpreti ma, nel caso della “trovatella” di Ferrara, sollevano giustificati interrogativi sulla possibile, nuova, paternità di Verdi, che come è noto ebbe solo due figli, morti in tenera età. Come in tutti i melodrammi il mistero potrà, forse svelarsi nell’ultimo atto.