Liberamente tratta da “Storia di Macerata”,
origini e vicende politiche
di Adversi, Cecchi, Paci
Nuovi pensieri fervono
Proteste inascoltate
Nonostante il lieve aumento della popolazione l’importanza di Macerata era ormai terminata, tanto che nel 1771 si progettò di trasferire la sede della tesoreria in Ancona e inutili furono le proteste dei maceratesi contro la fondazione dell’Università di Camerino e contro la realizzazione della nuova strada “Serravalle-Camerino-San Severino-Fabriano” che causò una diminuzione dei traffici. Le proteste non furono ascoltate perché il peso politico di Macerata era ormai nullo e la vita della città veniva animata solo dalla venuta di personaggi di rango elevato quali l’Elettrice di Baviera (1706), la regina di Napoli (1738) e Pio VI (2 marzo e 9 giugno 1782).
Rivolta ideologica
Dietro l’impotenza politica nasceva la ribellione ideologica. Per primi toccò ai Gesuiti che trovarono fieri antagonisti nell’abate Domenico Lazzarini e in Mario Compagnoni-Marefoschi che divenuto Cardinale (1770) ottenne da Clemente XIV (1773) la soppressione della Compagnia dei Gesuiti. Serpeggiavano anche correnti illuministiche portate dal Vescovo di Osimo Pompeo Compagnoni, che per le sue idee non ebbe la nomina a Cardinale. Illuministi erano Giuseppe Compagnoni-Marefoschi, Giuseppe Mozzi e suo fratello Bartolomeo che fondò la Biblioteca oggi comunale. Un canonico, Giuseppe Dionisi, nel 1777 scrisse di forme di vita in altri pianeti; Giuseppe Asclepi era uno stimato scienziato. Tutti erano iscritti all’Accademia dei Catenati alla quale fu aggregato nel 1750 il filosofo Antonio Genovesi le cui idee trovarono fertile terreno in città.
I giacobini
Giacobino fu il Conte Nicola Graziani che nel 1766 pubblicò “Ragionamenti accademici recitati per la prima volta a Firenze”, dove sosteneva che gli uomini sono tutti naturalmente liberi ed eguali. L’opera fu posta all’indice e il Graziani organizzò un “club giacobino”: scoperto fuggì in Abruzzo. Le idee giacobine fecero presa sulla borghesia che protestò, nei confronti di Roma, perché sempre esclusa dalla pubblica amministrazione a opera dei nobili. Economicamente il popolo era insoddisfatto, l’artigianato era fiorente, l’agricoltura era in crisi e l’industria non esisteva affatto, eccettuata l’edilizia. Addirittura nel 1766 si ebbe una “minirivolta della fame”. L’idea giacobina si diffuse così anche presso il popolo e ne fu fautore il fornaio Giacomo Andrenelli che, si disse a quel tempo, aveva fondato un… “club di maldicenti”!
Manifestazioni giacobine allo scoperto
Nel 1794 una serie di episodi portarono allo scoperto coloro che in città caldeggiavano le idee giacobine. Il 14 gennaio, allora giorno della festa del patrono San Giuliano, al pontificale del Vescovo giovani donne della nobiltà cittadina indossarono il berretto frigio… con la scusa che era Carnevale. In un ricevimento offerto ai nobili nel palazzo comunale si notò una combriccola di ginevrini (seguaci del Rousseau) jacopini e seguaci de’ protestanti francesi. Tra i giacobini spiccava la signora Costa. Nel Collegio Cassini (ex dei Gesuiti) il rettore don Marco Costantini inculcava nei giovani le nuove idee.
Arrivano i francesi
Nel 1976 Napoleone Bonaparte occupò Bologna; il 29 giugno i commissari francesi erano ad Ancona e imposero al territorio una pesante gabella per cui le chiese di Macerata dovettero consegnare per pagamento un gran quantitativo di argenterie cesellate. Intanto le truppe francesi erano giunte a Faenza dove avvenne una battaglia tra costoro e le truppe pontificie. A dar manforte al Papa giunsero da Macerata 300 volontari assoldati da Girio e Pacifico Carradori e comandati dallo stesso Pacifico. Era il 2 febbraio 1797, i papalini persero ma i marchigiani e, segnatamente, i cacciatori del Carradori combatterono valorosamente. Una parte delle truppe sconfitte era comandata dal colonnello maceratese Luigi Barvich. L’8 febbraio i francesi entrarono ad Ancona. A Macerata i Priori, impressionati da quella rapida avanzata, convocarono il Consiglio che deliberò d’inviare due ambasciatori per offerire alle truppe francesi amistà ed amicizia e buona corrispondenza.
Nasce la municipalità
Il mattino seguente i Priori convocarono il Consiglio popolare cui intervennero il Vescovo, il Vicario e 72 tra nobili, borghesi e popolani. Si decise di costituire una “Municipalità” e di creare una guardia civica. I municipalisti proposero di eleggere un governo provvisorio e fu accettata la proposta di Bartolomeo Bonanni che prevedeva cinque membri: due nobili, un borghese, un curiale e un artigiano. Fu la prima volta, dopo secoli, che il suggerimento di un popolano veniva accettato. A questo punto Vescovo e Vicario… lasciarono la riunione.
continua