“Autopsia del mio demone”

di Giorgio Rapanelli

autopsia

 

Cara rucola, non fare caso se mi rivolgo a te che sei una pianta di insalata piena di sapore, che fai più evoluto il piatto dell’insalata mista cittadina. E’ solo che tra le varie erbe tu, o rucola, assomigli a Morena Oro, poetessa che squassa le mie notti insonni. Voglio confessare pubblicamente di odiare Fernando (non è vero, anzi… lo amo – nota confessa dell’estensore) perché partecipa alla propina nell’antro degli Antichi Forni di una novità in campo letterario come la poetessa Oro, chiamata dagli amici “Gold” meno “l”, che si esibisce in una sciolta performance con la maestria espressiva dello yoga, recitando i suoi versi, all’impronto incomprensibili… Ma di tutto quello sforzo fisico e psichico della poetessa il Fernando non ha fatto rimanere alcuna traccia. Capisco che Arché, come manifestazione, era un rischio non calcolato e incalcolabile in una città burocratica e sonnolenta… Quasi meglio non lasciare tracce dell’occorso… Ma, il buon Fernando non sapeva che in mezzo a tutti quegli ortaggi potesse esserci una “rucola” speciale da tramandare ai posteri come immagine e come suono? Sarebbe bastato mettere una “camera” fissa di fronte alla invasata poetessa “saffica” (dagli attributi maschili) e un’altra mobile per le inquadrature laterali, da far “montare” poi all’ottima Cinzia, onde tramandare ai posteri una immagine che avrebbe fatto esclamare, a suo tempo, al Faust: “Attimo fuggente, arrestati, sei bello!”. Solo che il dottor Faust non aveva le cineprese col suono registrato e si doveva accontentare dell’ultima, suprema visione dell’ “attimo fuggente” prima di tirare le cuoia. Io, al contrario, il filmato della performance avrei potuto averlo sul computer, centellinandolo pian pianino, in quanto, bevuto interamente e tutto in un sorso, mi avrebbe mandato completamente fuori di testa. Altro che “pera”, o “sniffata”!… Ma io, come posso risolvere adesso il mio dramma senza quell’ “attimo fuggente” offertomi dall’oro della Morena? Sfortunatamente, ho la sua “Autopsia del mio Demone” – Edizioni Simple, addirittura con dedica (hai capito la perfidia della perfida, che mi dichiara la sua “simpatia e gratitudine… con la faccia tosta di sempre”). Il Demone è là – nel libro ovviamente – sul letto accanto al mio, insieme al Corano, al Vangelo, alla “Scienza dei Sacramenti” del chiaroveggente teosofo Leadbeater, alla “Scienza Occulta” del teosofo chiaroveggente Rudolf Steiner, all’ultima “Inchiesta su Maria” di Corrado Augias e a “Le lobby del Vaticano” di Carlotta Zavattiero, letture leggere e rinfrescanti queste ultime due dopo quelle precedentemente citate, le quali ti buttano fuori dalla realtà materiale, proiettandoti verso quegli “infiniti spazi”, di cui parlava il Leopardi. “Ma, cosa vuoi di più – mi dice telepaticamente il perfido Fernando – hai da leggere le poesie della Oro… Non ti basta il fumo? Vuoi anche l’arrosto?” Fernando mi vuole vedere morto… Chi, però, ha avuto l’avventura di leggere le poesie dorate di Morena, o non ci ha capito niente, oppure ha capito tutto, come me, che ho capito tutto. Non voglio svelare l’arcano di quei versi. Le visioni che mi appaiono sono collocate nei piani più sottili, invisibili all’occhio mortale, piene di colori e di linee astratte. Avete presente Klimt e Kandinskij, non immobili, fissati sulla tela, ma in movimento? Ecco, siamo lassù, dove il tempo e lo spazio sono rallentati, ma il tumulto della mente, in basso, rimane. A livello mentale i versi di Morena sono come dei colpi di vento violenti alla nuca, o allo stomaco; oppure folletti maligni che ti tirano i capelli; ruscelli d’acqua che ti sfuggono tra le dita. Morena è una ninfa imprendibile, cangiante nelle forme, irriconoscibile nel volto, che ti spossa nell’ansimare del rin-correre. Poi, quando sei a terra, distrutto, lei si manifesta e ti dice:

 

“Vieni con me,

ma solo se ti sei già perso

infinite volte.

Solo se non hai mai saputo

dove andare”.

 

Piango, dolcemente commosso, e annuso la sua aura. Sniff, sniff…

 

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