La storia di Macerata a piccole dosi, XXV puntata

Liberamente tratta da

“Storia di Macerata”,

origini e vicende politiche

di Adversi, Cecchi, Paci

 

 

Sempre più controllati da Roma

 

La bolla clementina

Ne 1592 ritornò a Macerata come Governatore il Biandrata che notificò al Consiglio Generale la bolla clementina “De bono regimine” che colpiva i Comuni nell’atto amministrativo più rilevante: il bilancio. Questo da allora in poi sarebbe sempre stato approvato da Roma. La manomissione delle autonomie comunali era così compiuta per mano dell’autorità centrale. Tutti i successivi Governatori si attennero scrupolosamente ai contenuti di tale bolla e i più protervi si intromisero pesantemente nell’amministrazione comunale. Fantino Patrignani da Amelia, Vescovo di Cosenza, fu governatore dal 26 gennaio 1593 e, stando a un commento dell’epoca “se portò piacevolmente – essendo – homo de poche parole et de ben facti”. Così pure Ferrante Farnese Vescovo di Parma, venuto a Macerata il 19 febbraio 1594 che “fu homo de bonissima conscientia, litterato et de gran valore et se portò benissimo nel governare dolcemente et destramente”. Durante il governo del Farnese venne in città un ispettore inviato da Roma per rivedere l’amministrazione comunale.

 

Un governatore prepotente

Il 22 maggio 1595 fu la volta del Vescovo di Ancona, Carlo Conti, della famiglia dei Duchi di Poli, che, forte della “bolla”, s’ingerì nell’amministrazione comunale ancor più dei suoi predecessori. Addirittura il 9 luglio partecipò alla seduta consiliare per l’elezione dei Sindaci degli uditori della Rota. Approfittò poi di una divergenza tra il Consiglio Generale e quello di Credenza, derivata dal fatto che il primo aveva qualificato come abusivo il rinnovo delle cariche da parte del secondo. Il rinnovo non ci fu e il Conti ordinò ai Priori, scaduti nel loro mandato, di rimanere in carica. Poi, sostituendosi al Consiglio di Riformanza, ordinò di ammettere al grado di priorato Giambattista Perugini da Offida e Francesco Morelli da Montalto. Il Consiglio comunale dovette anche ascrivere alla nobiltà maceratese Lotario Conti, parente del Governatore. Al Conti, il 1597, succedette e tornò per l’ennesima volta a Macerata, Francesco Biandrata dei Conti di Sangiorgio che prese possesso della legazione attraverso Monsignor Giacomo Severoli da Faenza in quanto, prima, si recò “alla volta de Ascoli per quietare lo romore de’ banditi”. Il Biandrata “se portò valorosamente governando con tanto timore che senza operare la spada de la justitia in questo tempo il governo passò molto bene quietamente et senza romore”.

 

Il passaggio del duca Alfonso d’Este

Il duca Alfonso d’Este, diretto a Roma per trattare l’investitura di suo fratello Cesare a capo del ducato di Ferrara, passò per Macerata il 2 agosto 1597: Homo vecchio di età di 65 anni bianco tutto e de barba longo di bono aspecto de homo et de gentilhomo grave mostrando homo de gran saviezza come se dice che e in effecto. Venne qui con molta gente, intorno a 600 homini tutti benissimo armati d’archibugi per sospecto de’ banditi…”. La trattativa non andò a buon fine e, alla morte di Alfonso, Cesare prese egualmente possesso di Ferrara e il Papa preparò la guerra. Nel 1598 fu raggiunto un accordo che determinò il pacifico possesso del Ducato da parte dello Stato Pontificio e Clemente VIII decise un viaggio attraverso lo Stato, diretto alla volta di quella città.

 

La venuta di Papa Clemente VIII in città

Macerata si preparò a riceverlo degnamente. “Alli 12 aprile 1598 partì da Roma con dodece Cardinali et bon numero de gente per la volta de Ferrara; et un giorno inante mandava il SS.mo Sacramento honoratissimamen-te in uno tabernaculo posto sopra una chinea (ndr: una mula) bianca bene adobata et servitori, musici, prelati, cavalli lizzieri et altre persone in bona quantità… A li 20 de aprile de lunedì arrivò il Papa a circa mezz’ora de nocte con molta gente che fra la sua et la gente che concorse dalla provincia in questa città non ce si poteva capere, era piena che mai più ce stata e ce sarà tanta gente, nonostante che il Cardinal San Clemente, legato de questa provincia, havesse pubblicato bandi che nessuno potesse per quel tempo venire qua per non causar qualche tumulto. Stette il Papa in questa città si bene con qualche poco d’indispositione, da lunedì sino al venere, nel quale giorno partì per Loreto dopo pranzo con cattivo tempo”.

 

Il ritorno

Il Papa restò a Ferrara “sino a novembre et alli 26 del dicto se ne partì per la volta de Roma. La domenica seguente 13 dicembre 1598 arrivò qui il Papa incontrandolo con una bellissima librea di velluto negro co maniche turchine et calzette gialli guarnita di molto oro et perle di gran valuta che erano da 20 in circa giovani sopra a vinti anni; fece una bellissima mostrata; il Papa se ne compiacque assai e tutti li creò cavalieri pelotini e li fece presente de 300 scudi d’oro ma questi non furono accettati. Molte altre gente ancora che dalla Madonna della Pace sino al Vescovato la strada era piena e non ci si poteva passare per alcun modo. Si partì di qua molto soddisfatto la mattina seguente a bon hora e celebrò la messa in San Francesco con molta consolatione de tutto il popolo che mai più fu tanta gente in San Francesco quanto in quella matina se bene era bon hora intorno alle tredici hore (ndr: le sei antimeridiane) diede la beneditione a tutti e benedisse molte corone e poi se andò via e la sera arrivò alla Muccia”.

 

Epilogo del 1500

Partito Clemente VIII, il 15 dicembre 1598 prese possesso della legazione il Cardinale Ottavio Bandini, tanto caro ai maceratesi e agli abitanti della provincia. Con lui si può affermare ebbe inizio la ordinaria amministrazione che si protrasse per tutto il secolo XVII fino alla fine del secolo XVIII.

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