La storia di Macerata a piccole dosi, XXII puntata

Liberamente tratta da

“Storia di Macerata”,

origini e vicende politiche

di Adversi, Cecchi, Paci

 

 

Un bravo Governatore

 

La “guerra dei Carafa”

Mentre con il breve papato di Giulio III e quello brevissimo di Marcello II il territorio maceratese era rimasto abbastanza tranquillo, con il governo di Papa Paolo IV la situazione fu nefasta. Gli screzi dei Carafa con i Colonna dette origine alla “guerra dei Carafa” con il coinvolgimento degli spagnoli che dal reame di Napoli sconfinarono nello stato pontificio. Macerata mise in assetto di guerra la “Torre del Mulino” presso il fiume Potenza, inviò soldati in Ascoli, “guastaroli” e bovi dove richiesto e si cercò un architetto per migliorare le fortificazioni della città. Furono acquistati 100 archibugi e si vendettero a privati le vecchie picche, ormai armi sorpassate, di proprietà comunale. Giunsero anche i francesi, un esercito di 12.000 fanti e 6.000 cavalieri condotto dal duca di Guisa, che sostarono a Macerata dapprima una decina di giorni poi, fallito l’assedio alla fortezza di Civitavella, ritornarono a maggio, tutto naturalmente a spese della città. Tutto il conflitto si concluse in modo sfavorevole ai pontifici.

 

Epurazione

Finalmente il vecchio Paolo IV si rese conto di quanto inefficienti fossero stati tutti i suoi parenti inseriti nelle alte cariche dello Stato e in un Concistoro fu ratificata la loro caduta. Ne fu delegato il cardinale Orsini che “si accinse a purgare l’amministrazione dai parassiti napoletani che il cardinal Carafa aveva allogato in tutti gli uffici. Il Consiglio di Stato intraprese il rinnovamento degli impiegati pubblici in Roma venendo, nel mese seguente, la volta delle provincie. Tutte le creature dei nipoti dovevano qui pure sostituirsi con impiegati nuovi e sicuri. Avanti tutto furono cambiati i Vicelegati…”.

 

Il Governatore Cesare Brancaccio

La vittima più illustre, e più incolpevole, fu il nobile napoletano Cesare Brancaccio, nominato Governatore della Marca nel 1557. Fu uno dei più attivi che la provincia ebbe: “Fin dal suo primo ingresso in Macerata, studiò con ogni arte di illustrare come capo della provincia, né desisteva, per magnificenza ed ornamento maggiore della città, di perpetuare il suo nome con la erezione di un nobile Sapienza. Si mostrò applicatissimo alla fabbrica della torre e, se non la compì a perfezzione con la sua cuppola, resela almeno di bellissimo prospetto con mascheroni e cornice di pietra d’Istria di smisurata grandezza”.

 

La sua cattura

Il 9 marzo 1559 arrivò a Macerata il nuovo governatore Loreto Lauri da Spoleto che recava con sé due Brevi pontifici: uno con la sua nomina a

Governatore e l’altro che gli ordinava di arrestare il Brancaccio in quanto aderente al Carafa. “Il nuovo Governatore venne solo con tre cavalli, scavalcò in palazzo del Governatore e finse di andare di longo e voler esponere al Governatore vecchio, in presentia delli Priori, alcune cose importanti a Sua Santità. Et cusì andò li Priori con pochi ciptadini. In presentia di detti Priori fece prima leggere lu breve del Governo al Cancellero de Monsignore e poco di poi al nostro Cancellero fece legere lu breve de la captura de Cesare Brancaccio et li comandò (ai Priori) sopto pena de rebellione, confiscatione de’ beni, privatione de’ privilegi, che lu tenga sopto bona custodia… Et cusì la Credentia ordinò quaranta huomini che continuo li fesse la guardia a lui et detti quaranta huomini si mutava dì et nocte et con essi quattro ciptadini. Et chi stava in piazza, chi nel cortile dereto del palazzo, chi nelle strade…”.

 

Macerata lo difende

Il Comune, pur obbedendo al Lauri, decise il giorno dopo la cattura di scrivere a Roma in difesa del Brancaccio e inviò anche ambasciatori. Il vecchio Governatore fu portato in prigione nella rocca di Ancona e ci stette fino al maggio, quando il Sacro Concilio lo fece liberare. Tornando a Roma il Brancaccio sostò a Macerata, ospitato a spese del Comune e gli furono tributati onori accompagnato da tutta la città.

 

La sua morte

Le traversie di Cesare Brancaccio continuarono perché nel 1560, in occasione del processo ai Carafa, fu di nuovo arrestato ma riuscì a dimostrare di non essere della stessa pasta dei parassiti carafeschi. Nell’ottobre del 1562 … “Si ebbe avviso che gl’eretici di Francia, aiutati da quattro mila soldati e quattro mila cavalli mandatili di Germania dal Lantegravio et dal Duca de Sassonia, e perciò più che mai infuriati, avevano ucciso molti catholici et alcune persone religiose tra’ quali furono monaci cartusiani et eremitani et havendo avuto nelle mani Cesare Brancaccio et aveva con gran fortezza resistito all’empito di quelli; nell’ultimo, dopo molti tormenti, lo chiodarono in croce ove, perseverando constantemente et predicando a quelli cattolicamente finì la sua vita, anzi passò a miglior vita”.

continua

 

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