Jimmy Fontana, per gli intimi “Rico”

di Goffredo Giachini

jimmy-fontana-1955-excelsior

 

Se ne è andato un altro prezioso tassello della beata gioventù degli anni ’50/’60 dello scorso secolo. Abitavamo in viale Piave, io e Jimmy Fontana, a pochi metri di distanza. La mia famiglia, composta da tre persone e un gatto, in un appartamento delle famose “case de Lattà”. Jimmy (che preferisco ricordare con il suo vero nome Enrico, per gli intimi “Rico”) in un palazzone occupato da impiegati e funzionari della allora Cassa di Risparmio. A casa Sbriccoli si respirava sempre un’atmosfera festosa e di allegra confusione a motivo, forse, del nucleo familiare che comprendeva, tra genitori, nonni e figli, 8 persone. Per di più noi amici (leggi Liuti, Galatello, Giannotti, Capodaglio, Micaletti e altri occasionali…) ci si riuniva spesso nella camera dei figli maggiori (Americo, attuale presiden te dell’Ordine dei Medici di Macerata ed Enrico, appunto) ad ascoltare dischi di musica jazz o a suonare noi stessi i motivi più in voga. Bastavano una fisarmonica, una chitarra, una armonichetta a bocca, una qualunque superficie sonora a fungere da batteria. Io, figlio unico, amavo immergermi in quella congerie di suoni, di serena compagnia, a commentare, la sera, con un pubblico composito le prime trasmissioni della tv in bianco e nero. E poi le esperienze di Jimmy con l’Hot Club di Pietroni/Spalletti e C., le feste “danzanti” alla Casa dello Studente, gli spettacoli di “Arte varia” come si diceva allora al Cine-Teatro Excelsior. Altri tempi! Enrico si trasferì a Roma dove viveva ormai da anni con la famiglia, ma veniva spesso nelle Marche. Lo invitarono anni fa per una “Festa de le casette”. Ci abbracciammo in quella occasione e lo vidi stanco, fiaccato da una recente operazione all’anca. Tornava da una tournée in Russia, mi disse, ma era felicissimo di stare ancora una volta nella città con il complesso con il quale i 4 figli riproponevano i suoi grandi successi melodici. Amava Macerata, cui avrà rivolto un inconscio pensiero quando, attaccando “Che sarà”, brano che con “Il mondo” lo ha reso celebre in ogni angolo della terra, intonava con la sua bella voce “paese mio che stai sulla collina…”. Le parole del testo sembra si riferissero al paese natale della moglie. Si tratta, comunque, sempre di affetti familiari. Ti saluto Rico, un abbraccio fraterno a chi ha avuto il merito di onorare la Regione e la sua città di adozione (era nato a Camerino). Resta di te un ricordo indelebile e, come scrive Mangiarotti sul Carlino, l’impronta di una “bella, educata storia italiana”.

 

A 5 persone piace questo articolo.

Commenti

commenti