La storia di Macerata a piccole dosi, XXI puntata

Liberamente tratta da “Storia di Macerata”,

origini e vicende politiche di Adversi,

Cecchi, PaciIl papato non brillò per ordine

 

La campana comunale suonava tre volte

La metà del ‘500 era caratterizzata, a Macerata, da una continua litigiosità tra la Curia legatizia e il Consiglio comunale, addirittura nel 1545 una rissa determinò la emanazione di un bando con il quale si proibiva si “andare in giro senza lume dopo il terzo suono di campana”. Nel tardo pomeriggio e in serata, infatti, la campana comunale suonava tre volte: la prima per indicare che c’erano ancora “due ore di giorno”; la seconda, che segnava la fine della giornata, era “l’Ave Maria della sera”; la terza era “un’ora di notte”. Per evitare che i malintenzionati approfittassero delle liceità carnevalesche si vietò di mascherarsi in tempo di carnevale poi, nel 1550 e nel 1554, si ebbero altri bandi contro il porto abusivo di armi.

 

I Priori “sfrattati” dai Legati

In campo amministrativo l’autorità papale si affermava lentamente anche con segni esteriori, infatti la occupazione del vecchio palazzo comunale da parte dei Legati pontifici era ormai un fatto compiuto e il palazzo cominciò a chiamarsi “Apostolico”. I Priori dovettero sistemarsi nel palazzetto, costruito nel 1493, sull’area oggi occupata dalla piazza. Nel 1515 era iniziata la costruzione di quello nuovo presso la torre per il quale, il 15 luglio, si stipulava il contratto con i Maestri Andrea e Giovanni di Tramondo, lombardi. La fabbrica incorporò la chiesa di Sant’Antonio di Piazza e quando, nel 1538, fu terminata, almeno nelle sue parti essenziali, vi si trasferirono i Priori mentre il Podestà subentrò nel palazzetto.

 

Litigiosità tutte maceratesi

Mentre l’amministrazione pontificia era confusionaria e inseriva nei centri di potere una girandola di personaggi più o meno efficienti, i notabili maceratesi non trovavano di meglio da fare che innescare litigi da “pelo ovino o caprino”. Quando il Cardinale Rodolfo Pio-Carpi, nei primi di giugno del 1539, fece il suo solenne ingresso in Macerata si ebbe una lite fra Priori e Curiali: i primi sostenevano di aver diritto, per antica tradizione, di fiancheggiare la mula del Legato alla Porta del Borgo (Porta Romana) fino al Duomo.

 

Cardinali minorenni

Simile accadimento ci fu il 3 e il 4 ottobre del 1546 quando il Cardinale Ranuccio (un Farnese di appena 15 anni) venne per prendere possesso della legazione maceratese. L’ambasciata di Macerata, recatasi a Tolentino il giorno 3, ebbe lite con l’inviato dei Curiali per una questione di precedenza; il giorno dopo il cardinale venne a Macerata e giunse prestissimo a Santa Croce ove fu ossequiato. Il discorso di benvenuto fu letto dal Cancelliere del Comune fuori Porta San Salvatore ma i dottori della Curia e i Priori si preoccuparono di continuare nella lite per le precedenze. La questione fu risolata dal giovane Cardinale che dette ragione ai Priori. Altro Cardinale minorenne (questa volta sedicenne) fu Giacomo Savelli che nel 1539 ebbe la nomina per le sue virtù… e per i meriti del padre, e fu Legato a Macerata nel 1551.

 

La forca… mobile

Alla fine del 1553 arrivò in città Camillo Mentuati, piacentino e Vescovo di Ascoli Satriano che fece costruire lungo il Potenza, su un terreno di proprietà della chiesa di San Giovanni e amministrato dalla famiglia Firmani, alcune forche suscitando una lunga lite tra costoro e il Comune perché i Firmani avevano demolito gl’impianti. La litigiosità ebbe termine nel 1556 quando il Comune fece costruire una forca… mobile.

 

Statuti del 1553: la Commissione

In Comune si sentiva da tempo la necessità di rivedere gli Statuti comunali e nel 1550 si costituì una Commissione di revisione composta da Giuliano Costa, Pietro di Marcozzo Compagnoni, Leonardo Mancinelli, Giovanni Antonio de’ Hieronimis, Antongiacomo Bracconi, Domenico Barrocci, Polidoro Ferri e Cesare Firmani ai quali, più tardi, fu aggiunto Giovanni Pellicani che, essendo spesso assente, fu sostituito nel 1553 da Francesco Giardini e Giambattista Bracconi. Alla fine del dicembre 1553 gli Statuti furono stampati da Luca Bini da Mantova, tipografo residente a Macerata e furono venduti a 1 fiorino la copia.

 

Un po’ dei contenuti

“Oligarchici, per un governo di aristocratici”, così si possono definire, tout court, questi Statuti maceratesi. Potevano divenire Priori solo coloro che avevano almeno 30 anni di residenza e beni stabili per 500 fiorini; al Consiglio Generale (formato da almeno 60 consiglieri eleggeva i funzionari, imponeva tasse, appaltava le entrate, faceva e modificava le leggi) potevano partecipare solo gli idonei a ricoprire la carica di Priore; il Consiglio di Credenza era composto con un massimo di due cittadini per ogni stessa famiglia e deliberava con la presenza di minimo 20 consiglieri più i Priori; i Priori duravano in carica solamente per due mesi, risiedevano continuamente nel Palazzo Priorale ed erano sempre accompagnati da “famuli” armati per la loro difesa; curavano l’esecuzione delle delibere consiliari, non potevano spendere, di loro iniziativa, più di quattro fiorini né impegnare il bilancio del Comune oltre la scadenza del loro mandato. Questi Statuti maceratesi furono approvati da Papa Paolo IV il 20 settembre 1555.

 

I quartieri

La città era divisa nei quartieri di San Giuliano, Santa Maria, San Giovanni e San Salvatore; i confinidei quattro quartieri erano delimitati dalla strada che dalla Porta del Castellare (oggi Porta San Giuliano) andava verso Santa Maria Maddalena (oggi zona del Convitto) e da una linea ideale che, dallo sportello del macello (Palazzo Pallotta o ex albergo Grand’Italia), attraversando l’odierna piazza Libertà conduceva, diagonalmente, fino al muro della “carbonaria” (oggi Rampa Zara).

continua

 

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