Architettura del rinascimento
carolingio nelle Marche
Una gran quantità di manufatti nell’Italia centrale ma soprattutto nelle Marche, etichettata come romanica, è attribuita al XII o al XIII secolo o alla data del primo documento scritto. Queste datazioni portano a una curiosa situazione: dal V al X secolo il nulla, poi un frenetico proliferare di centinaia di costruzioni tra chiese e castelli ma di foggia arcaica, superata, tutto in poco più di un secolo. Con quali risorse? Da quale esercito di muratori tutto ciò è stato eretto? Oppure ci sono preesistenze?
Tre presupposti
Parliamo di architettura. Gli antichi manufatti esprimono nelle proprie caratteristiche planivolumetriche, costruttive ed estetiche la cultura che li ha generati. Perciò la lettura delle componenti va fatta su più livelli: 1° la richiesta del committente (la funzione cui l’edificio è destinato); 2° la progettazione (mediazione creativa tra tecnologia e risorse disponibili nel periodo); 3° adozione di modelli formali e stilistici (un mix tra cultura ambientale, gusto estetico del committente e simbologia).
Straordinaria concentrazione nel Piceno
Partiamo dall’edificio, ora destinato a funzioni religiose, di San Claudio al Chienti. Fa parte di sette costruzioni atipiche con pochi omologhi in Europa e la particolare concentrazione di questa tipologia compositiva è nelle Marche storiche, cioè nel Piceno (sei su sette). Ciò, unito al fatto che due di questi edifici, i più intatti, sono in luoghi da secoli fuorimano quindi privi di adeguamenti a nuove funzionalità, è stato di stimolo per approfondire una ipotesi storica alternativa al fine di individuare committenza e orizzonte tecnologico, ergo l’epoca storica. Appare così una nuova versione della storia ufficiale dell’alto medioevo, quella nata dalla intuizione di alcuni studiosi maceratesi, principalmente dal professor don Giovanni Carnevale. Cioè la presenza stabile ed estesa sul Piceno di un ramo dei Franchi, che nell’VIII secolo, nelle valli del Chienti e del Fiastra, stabilirono la loro sede principale presso le terme romane dedicate al dio Apollo Granno, in altre parole… ad Acquis grani.
Tre campioni
Prendiamo in esame tre “chiese”: San Claudio di Corridonia, San Giusto a Pievebovigliana e San Vittore alle Chiuse a Genga. Due sono edifici simili e il terzo, San Giusto, è unico ma tutti e tre sono decisamente singolari. San Claudio e San Vittore differiscono per essere la prima a due piani e la seconda per la “lanterna” sul tetto (il torrione quadrato è un’aggiunta di qualche secolo posteriore). San Giusto è invece costituito da un tamburo circolare dotato di 4 absidi e chiuso da una cupola. San Claudio è l’unico edificio ad aver subito crolli e rifacimenti (le bifore sulle torri e i massicci pilastri interni con gli arconi di collegamento che sono “fasciati”). Va detto che non sono nati come chiese. E’ la liturgia a determinare la forma: allungata per contenere ordinate file di fedeli e una zona ben visibile dedicata all’altare.
Ma, allora, cosa erano?
Partiamo dal presupposto che i Franchi quando andavano a caccia per più giorni si riparavano con tende semplici, rapide da montare: funzionali. Da qui la forma tonda con cupola (si veda lo Yurtà mongolo). Divenuti padroni del territorio hanno realizzato strutture fisse, magari prima in legno, poi in pietra. Ecco allora quello che la memoria popolare chiama “padiglione di caccia di Carlomagno” San Giusto, dalla forma rotonda, con cupola e 4 absidi che non sono solo contrafforti strutturali ma vani accessori di una “tenda” importante perché imperiale. Stesso discorso vale per San Claudio e San Vittore che rappresentano non una tenda da caccia ma la tenda grande del capo, adibita a dimora durante le campagne militari. La cura e la precisione esecutive derivano dalla cultura del costruire romana, addirittura piceno-etrusca, la qualità e l’impiego di materiale non di recupero denotano la ricchezza di un Re.
Un particolare
Per concludere questa breve escursione tratta da “L’architettura del rinascimento carolingio nelle Marche” (per approfondire con l’autore: medardo.arduino@gmail.com) ecco le foto di un parallelo tra la tecnica costruttiva della tenda e le decorazioni delle strutture “Franche” con le prime dettate dalla necessità e le seconde simboliche.
Medardo Arduino