Dall’inedito “Caravaggio e le ombre dell’anima”
di Matteo Ricucci
Un altro personaggio importante, come sappiamo, per la carriera artistica del Merisi fu il Cardinal Francesco Maria del Monte che lo lanciò nel mondo dorato della Roma bene, contribuendo a fargli assegnare importanti committenze. Anche costui tenne fede alla sincera amicizia che lo legava a quel giovane smanioso dalle mille idee intorno a un nuovo discorso estetico che mise a rumore l’intera Europa. Ma, in verità, il Merisi prediligeva un diverso tipo di amici, più o meno giovani come lui, artisti d’un certo peso, provocatori e abili spadaccini quanto lui e che ne riconoscevano, con assoluta lealtà, la leadership. Costoro amavano bighellonare per le vie e per le piazze di Roma dietro le svolazzanti gonnelle di fanciulle piacenti; rubare qualche mela al fruttivendolo del quartiere; attaccar briga con servette e affittacamere, dalla lingua pronta e pungente; fare scherzi da chierici vaganti a pellegrini stanchi e disorientati nel groviglio dei vicoli di quella città termitaio. Di tanto in tanto, arrivava qualche denuncia da parte di chi si stufava di stare al gioco e la comitiva finiva davanti a giudici severi che non erano per niente di manica larga. Le punizioni fioccavano e tutti insieme o a turno, andavano a sperimentare le delizie delle carceri romane. Tutto ciò non era poi di tanto danno, ma soltanto ragazzate, goliardate che denunciavano l’esuberanza di giovani che nel loro tempo libero cercavano di scaricare la tensione nervosa d’una vita difficile. Ma quando gli scontri avvenivano tra clan diversi che si contendevano lo stesso territorio e i medesimi interessi, le spade sibilavano e il sangue scorreva e, a volte, ci scappava anche il morto. Le autorità vaticane facevano quello che potevano che in genere era abbastanza poco, perché oltremodo difficile era il controllo d’una città che cresceva a vista d’occhio. Non sempre era possibile controllare gli elementi più rissosi, perché dopo averne arrestati la maggior parte, ogni giorno piovevano, come grandine dal cielo, centinaia e centinaia di nuovi arrivi. Finché visse il Merisi fu legatissimo al suo gruppo di amici e qualcuno, come il Minniti in Sicilia, lo aiutò anche in quegli anni difficili, durante e dopo la sua fuga dall’isola di Malta. Anche i ricchi committenti professavano amicizia verso quell’artista che li arricchiva smodatamente con le sue opere che crescevano di valore a vista d’occhio, ma le amicizie nate dall’interesse muoiono rapidamente insieme allo scemare dell’interesse. Molti di loro infatti si macchiarono della tremenda colpa di averlo abbandonato a se stesso proprio nel momento di massimo pericolo e di massimo bisogno, tradendolo vilmente. (in foto: duelli)
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