Rispetto verso i subalterni

di Raffaella D’Adderio

militari

 

Scurrile da skur (che taglia), turpe che sta per sconcio, brutto, deforme nell’aspetto e nell’animo; triviale per dire volgare. Aggettivi consegnati a un eloquio sgradevole e villano che, come già detto, è spesso definito “da caserma”. Al riguardo, ci giunge alla memoria una sentenza della Corte di Cassazione (la n. 1428 del 2009) secondo cui l’espressione “hai finito di farti i c… tuoi?” e la reite-razione di altri insulti pronunciati da un tenente dei carabinieri nei confronti di un maresciallo, sono stati ritenuti lesivi della dignità e ingiuriosi, anche se utilizzati per scopi correttivi. Certamente, i metodi da caserma non attingono al self control british dei Windsor; ma i termini gergali in essa adottati rappresentano un costume consolidato, relativo alla proverbiale consuetudine di forgiare uomini duri e pronti a qualsiasi avversità. La Cassazione, infatti, non accusa i toni autoritari, quanto la volgarità delle parole adoperate in quanto vere e proprie offese alla persona. E’ noto che, per chi abbia il coltello dalla parte del manico, sia molto facile superare la misura nel proferire appellativi crudeli e umilianti, in aggiunta a gesti e azioni sgradevoli. In una caserma, il fine ultimo rimane comunque quello di insegnare la disciplina, l’ordine e un coraggio che non si tramandano con il gratuito improperio, arma dei deboli. In questa direzione, la Corte di Cassazione argomenta un’altra sentenza (la n. 12997 del 2009) con i seguenti precetti: “La volgarità usata contro i sottoposti costituisce reato; il turpiloquio è offensivo solo se adoperato da un superiore verso un subordinato”. Per la Corte, il linguaggio scurrile è condannabile in quanto sfocia in un impoverimento del linguaggio comune e dell’educazione e comporta sanzione solo nel caso in cui sia adottato da un superiore a offesa di un subalterno. Tra persone di pari grado, invece, molte delle espressioni volgari non sono ritenute oltraggiose. Per tali motivi è stato condannato quel colonnello che, insultando un suo sottoposto, ha violato le regole della disciplina e dei principi di correttezza. E’ il rispetto dovuto da chi ha più nei confronti di chi ha meno. Per fortuna l’ago della bilancia non pende solo dalla parte dei prepotenti e per i molti che abusano del potere prevaricando a suon di imprecazioni, altrettanti e forse anche di più, svolgono il proprio lavoro con dignità e spirito di sacrificio, nel rispetto della divisa indossata e degli altri esseri umani.

 

 

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