Tratte da “Dicerie popolari marchigiane”
di Claudio Principi
L’orologio di Francavilla D’Ete
Un blasone dice: “Lu ‘relòju de Frangaìlla signa ll’ora che unu vòle!” (L’orologio di Francavilla segna l’ora che ciascuno desidera). L’origine deriva dal fatto che l’orologio comunale si trova sopra un arco che si apre sulla piazza del Municipio e che è assai basso. Quando l’orario segnato è inesatto un impiegato comunale con una canna rimette a posto le lancette e aggiusta l’ora. Un forestiero, trovatosi ad assistere a quella operazione, chiese all’addetto: “E mmo, che ora mitti?” (E adesso, che ora metti?). Rispose quello prontamente: “Quella che vvoli, te metto – e vedendo che il forestiero taceva, aggiunse – Allori, me dici quala dè ll’ora che tte serve?”
L’ora
Oggi può capitare che qualcuno chieda l’ora, ma in passato ciò accadeva spesso perché l’orologio erano in pochi ad averlo. Tutti si regolavano con l’orologio pubblico che dalla torre batteva le ore e i quarti. Per cui, a chi chiedeva l’ora, la risposta poteva essere questa: “Adè le jéci e menze come ssòna – oppure – Adè le quattro sonàte – o ancora – Ha sonàto addè addè le sette e un quartu”. Per celia si dava anche una risposta proverbiale alla domanda: “Che ora adè?” – “Adè ll’ora de jeri a quest’ora: o più ttardo o più a bbonora!” (E’ l’ora di ieri a quest’ora: o più tardi o più presto!). Altra risposta scherzosa, a volte sgarbata, era: “Adè ora che tte combri lu ‘relòju!” (E’ ora che ti compri l’orologio!).
La lettura dell’orologio
Anni fa un contadino ricevette in dono per il matrimonio un orologio da polso, allora assai raro. Infatti, quei pochi che avevano un orologio sfoggiavano un grosso cipollone da taschino, legato a un’asola del panciotto con una vistosa catena. Costui, sempre con il polso scoperto e l’orologio a vista, venne fermato al mercato da un altro contadino che gli chiese che ora fosse. Il fresco sposo, con aria che voleva essere burlesca, fece: “La langétta grossa sta su lu nòve e quella più cciuca sta su lu tre: addè dilla tu ch’ora dè! (La lancetta più grande sta sul nove e quella più piccola sul tre: adesso dillo tu che ora è!). L’altro ribatté: “Adè ora che vvai a ffatte dà’ ‘n-der-culu e che ‘ssu relòju lu vutti via, che ttando non te serve!” (E’ ora che vai a farti dare nel culo e che codesto orologio lo butti via, tanto non ti serve!).