“Un amore di Swann” al teatro Lauro Rossi
Un “Amore di Swann” fa parte del primo volume (Dalla parte di Swann) dell’opera A la recherche du temps perdu di Marcel Proust. Il romanzo è messo in scena per mano del regista Federico Tiezzi che lo ha scelto ispirato da uno scritto di Sandro Lombardi (I teatri segreti di Marcel Proust, in calce al libretto contenente il copione) il quale ne sottolinea i richiami più o meno diretti col teatro. Protagonisti sono Sandro Lombardi nella parte di Swann e Iaia Forte che interpreta Madame Verdurin.
Chiediamo a Sandro Lombardi: Un sodalizio professionale lungo una vita quello tra lei e Federico Tiezzi.
“Con Federico ci siamo conosciuti sui banchi di scuola, più che di un sodalizio lavorativo si può parlare di una vera e propria famiglia”.
Lei è un attore teatrale di lungo corso, scrittore, vincitore di cinque premi Ubu come miglior attore; da qualche tempo si dedica anche alla drammaturgia dei testi teatrali come nel caso di “Un amore di Swann”.
“Sì, Tiezzi mi ha delegato questo compito. C’è voluto un lavoro di tre o quattro mesi per costruire i dialoghi intorno al personaggio di Swann. Dapprima avevo pensato a un monologo; poi a una ipotesi con dodici personaggi in scena. Infine ho provato con un dialogo sempre a due, con tante poltrone intorno su cui si seggono persone che fisicamente non sono presenti, ma vengono evocate dagli attori in scena. Non volevo alterare il linguaggio di Proust ma dare alla pièce un linguaggio moderno, non propriamente teatrale che, reso nella chiave giusta, fosse una vera novità e arrivasse al pubblico”.
Altra collaborazione intensa quella con lo scrittore e drammaturgo Testori (venuto a mancare nel ‘93): a lui si deve la cura dei testi da lei interpretati e scelti da Tiezzi nelle sue regie.
“Testori è stato un grandissimo drammaturgo, anomalo perché non ha mai scritto per la pagina ma per gli attori. I suoi testi funzionano perché l’attore sente che non fa quello sforzo in più in cui è solito impegnarsi per mettere in voce un testo”.
I costumi di scena sono meravigliosi ed elegantissimi. Favolosi quelli che sembrano dei veri e propri fiori e avvolgono il corpo femminile come quello di una farfalla.
“Gli abiti a fiore sono una chiara simbologia dell’universo femminile in Proust. Sono stati creati dallo stilista Roberto Capucci e sono pezzi da museo”.
Il colore nero degli indumenti che fanno capolino dalle vestaglie coloratissime delle protagoniste vuole sottolinearne la loro anima cupa?
“Non in modo pensato e voluto. Proust osserva impietosamente i personaggi, ma non è un moralista e non punta mai il dito contro di loro. Per lui esistono due tipi di persone, gli umani e i sociali, diversi come lo sono la volgarità e la ricchezza sfacciata di Madame Verdurin e la vera eleganza di Monsieur Swann”.
Lei cosa vorrebbe recuperare a livello artistico di un tempo che non c’è più?
“Mi piacerebbe incontrare Marcel Proust e Pasolini, con quest’ultimo, se non fosse morto prematuramente, avrei potuto ancora lavorarci”.
Iaia Forte è una vera regina del palcoscenico. Si fa intervistare in camerino mentre si trucca, nella classica visione dell’attore allo specchio e ci regala uno di quei momenti in cui avviene il trapasso dalla realtà alla finzione.
Siamo davanti a un’attrice che è la musa non di un unico regista, ma di tanti registi tutti grandi: Tiezzi, Cecchi, Martone, Corsicato…
“Credo di essere scelta perché non è così frequente per una donna saper usare l’ironia nell’interpretazione. Il fatto di non utilizzare un certo tipo di femminile, ma di imbruttirlo, parodiarlo, permette di tirar fuori personaggi originali, inconsueti. Un attore deve prestare la sua immaginazione e il suo corpo alla performance, anche stravolgerlo se serve. Tutto ciò mi diverte moltissimo”.
Altri registi con cui sta lavorando?
“Ho lavorato nel film di prossima uscita (11 aprile) di Sorrentino “La grande bellezza” e sempre per lui a teatro, sarò dal 23 marzo con “Hanno tutti ragione” in cui vestirò i panni di un uomo (ci mostra la foto del sorprendente travestimento sul suo smartphone)”.
Un altro grande del panorama cinematografico attuale, partenopeo come lei.
“Sorrentino è bravissimo, intelligentissimo e spiritoso. Lavorare con lui è una scoperta ogni volta. Sa usare gli attori in maniera personale, anche non realistica”.
Lei si è misurata anche in drammaturgie (quella sulla Morante) e regie teatrali come “Corpo Celeste”, “Il Veleno, l’Arte”, “Erodiade”.
“E’ fondamentale mantenere la nostra lingua e la nostra memoria, alternando lavori con grandi registi a lavori più personali in cui mettiamo in campo la nostra immaginazione”.
Hanno detto di lei: la bionda drammatica del cinema, l’attrice brillante della commedia, la sensuale, la dark lady. In quale di queste definizioni si riconosce di più?
“In tutte e in nessuna. Quando si è attori, si diventa ciò che si è negli occhi degli altri”.
Raffaella D’adderio