di Cesare Angeletti
L’ago della vergara
I nostri vecchi, per tante generazioni, sono stati bravi e buoni cristiani pur se a modo loro, nel senso che il Vangelo se lo assestavano secondo comodità. Se a una donna, cucendo, fosse caduto l’ago e non lo avesse trovato subito avrebbe detto un Padre Nostro doppio… scì, lu recitava dicenne: Patre Patre, nostru nostru… A un certo momento avrebbe trovato l’ago (casa nasconne ma non rubba) sicura che fosse stata una grazia del Signore. Direte: lei allungava il tempo dicendo tutte parole doppie, quindi era normale che, alla fine, cercando, lo avrebbe trovato. Scì! Ma fajelo ‘n bo’ capì’! Ogni volta che la cosa andava bene era sempre più convinta che era stata la volontà del Signore che, purittu, ce n’avìa tande da fa’ che a tutto putìa penzà’ meno che all’agu de la vergara.
Il fumo e il morto
Quando moriva qualcuno in famiglia, dopo il funerale, gli abiti che il morto portava al momento del trapasso venivano bruciati in mezzo all’aia. Lo fume, golenno per aria, pijava la direzio’secunno lu vendu… ebbene, i nostri vecchi erano sicuri che in questo modo il fumo faceva capire in quale casa ci sarebbe stato entro l’anno il prossimo decesso. Poteva capitare, certamente solo per caso, che in quella casa ci sarebbe stato davvero un morto, quindi tutta la gente della contrada era pronta a giurare che il fumo aveva predetto il vero.
La processione del Venerdì Santo
A Corridonia si credeva che in una casa in prossimità di dove si fermava, il Venerdì Santo, il carro con il Cristo Morto ci sarebbe stato un decesso entro l’anno. La gente del paese, come era usanza, murìa drendo casa; la pruciscio’ faceva il giro del centro e il monumentale carro ogni tanto faceva una sosta per far riposare li cristià’ che stava sotto, era perciò naturale che nella zona dove si fermava il Cristo Morto entro l’anno morisse qualcuno. L’evento non era attribuito al caso ma si diceva: “Hi visto? Lì s’è fermatu lu carru e poco più i’ llà c’è statu lu mortu!” rinforzando la convinzione che quella credenza fosse vera.
L’ultimo a uscire dalla chiesa
E’ documentato in modo scritto un caso assai strano: se lu chjrichittu, che a Natale serviva il prete nel lavacro delle mani durante la messa di mezzanotte, non avesse versato l’acqua in un vaso di fiori ma l’avesse buttava via, entro l’anno sarebbe morto colui che era uscito per ultimo dalla chiesa. Certo, c’è una spiegazione logica… di solito uscivano per ultimi, avendo problemi nel camminare, i più vecchi: ‘spettava che l’addri, più sverdi, scappèsse cuscì che da suli putìa moése più piano sinza che, i’ mmezzo a la jende, ‘chidù’ li spignèsse e li facèsse cascà’. Oppure uscivano per ultime quelle tre o quattro vecchjarèlle che, ogni volta, andavano in sagrestia a riverire il sacerdote, facendogli gli auguri mentre si svestiva degli abiti talari. Insomma uscivano per ultimi i più vecchi quand’er cuccu e che uno di loro potesse morire entro l’anno sarebbe stata la cosa più logica. Eppure il decesso serviva alle persone per rinverdire quel modo di credere. Il caso era, non volendo, una garanzia per quelle verità sempre più radicate nella testa delle persone.
Una sequela di disgrazie
Un contadino sessantenne, che aveva una curtinèlla, tre ettari di terra, proprio sotto Mundillurmu (Corridonia), aveva avuto un’annata disastrosa: prima la lècca j’avìa ‘mmazzato ‘na coàta de purchitti, e ppo’ j’era mortu lu vitellu che era le sette vellezze. Era disperato, con il cuore a pezzi, ma aveva una consolazione: che lu cambu de grà’ criscìa ch’adèra ‘na vellezza. Andava per il campo, accarezzava il grano e si sentiva un po’ meglio pensando che si sarebbe rifatto con il raccolto. Un mese prima della mietitura arrivò una forte grandinata, tanto che , dopo, sotto il sole, non c’era rimasto più nulla da raccogliere. Il vecchio contadino non profferì parola, entrò in casa, staccò dalla parete il bel Crocifisso che aveva in camera, sopre a lu léttu, lo legò a un capo di uno spago lungo due metri e cominciò a tirarselo dietro dicendo: “Véni, véni, che te faccio vedé’ quello che si statu capace de fa’!” Fin quando camminò in casa, poi nell’aia, dove era abbastanza in piano, il Crocifisso scorreva senza grossi problemi ma, non appena arrivò sul campo, ttroàta ‘na jeppa, una zolla un po’ grossa, questo s’impuntò e non ci fu modo di farlo continuare. Allora il vecchio si girò e, piangendo, guardò il Crocifisso e disse: “Ah, agghjo capito! Questa me l’hi fatta cuscì grossa che non ci-hai lu coragghju de vinì’ a vedé’ lu dannu che si statu capace de fa’?” Poi, raccolto il Cristo, lo riportò in camera, lo rimise al posto e continuò a piangere buttato sul letto.
Finalino
La fede dei nostri vecchi era tanta ma, come dire… a volte doveva essere adattata alla vita dura e stentata che erano costretti a fare. Era una fede che aiutava nella sofferenza e aiutava chj sboccava sango su la tera dell’atri pe’ poté’, a la fine, solo campà’ e fa’ campà’ la famija. Quindi la fede era come la maglia di lana grossa fatta in casa, che pizzicava sulla pelle e la arrossava ma era utile per proteggersi dal freddo; dava un po’ di calore proprio come facevano, per Gesù Bambino, il bue e l’asinello. Era poco ma, armango, come dicevano i nostri vecchi, non se statìa porbio a lo friddo.